Studi ballerini

Scientists at IRB Barcelona dance for cancer, Alzheimer’s and diabetes research – YouTube.

Sandra ha una risata sottile e tintinnante, mani che provano di continuo a domare le bizze di una chioma ribelle color bronzo, il passo velocissimo di chi è abituato a considerare il tempo il più generoso dei regali, da non dover sprecare neanche per un secondo. Le capita di leggere questo blog di tanto in tanto, nelle pause concesse da un lavoro gravoso ma, a suo dire, appagante, che da diciotto anni oramai, quasi ogni giorno, prevede la sua presenza infaticabile e cordiale nelle corsie di un ospedale toscano, dove i corridoi sono solcati da strisce adesive fluorescenti che indicano i diversi reparti e che talvolta si intrecciano come le linee della metro londinese viste sulla mappa. Lì le nostre vite si sono ritrovate fianco a fianco, una prima volta, tempo fa, nel bar posto a pianterreno e sempre gremito come un formicaio, io reduce da semplici analisi di routine mentre tentavo, con la solita voce assonnata, di articolare la richiesta di un caffè, lei pronta a intromettersi con un salvifico e inaspettato contrordine: “due cappuccini, uno anche per il ragazzo” “ehm, grazie mille, soprattutto per quel “ragazzo”, io in realtà vorrei un caffè!” “prendi il cappuccino, “ragazzo” – perché rispetto a me lo sei – e fidati!”. E così, da quel simpaticissimo esordio, un po’ direttivo in realtà, e da quel cappuccino tuttosommato accettabile (“non immagini che schifezza sia invece qui il caffè”, mi disse, alle spalle del barista) che prendemmo assieme durante la nostra prima, curiosa, chiacchierata, il “ragazzo” (cioè io, se non fosse ancora chiaro) e “la più matura e intransigente paramedico” (tiè!) rimasero volentieri in contatto, soprattutto via e.mail, le sue spesso ricche di critiche entusiaste e intelligenti ai miei post (“anche se non ti commenterò mai direttamente sul blog, finirei solo per scrivere ‘bischerate’!”, mi ha ribadito più di una volta). L’ultima, al solito piena di (esagerati?) apprezzamenti, e relativa all’ultimo mio pezzo che trovate un poco più sotto, mi giunge due giorni fa: cito testualmente “considerazioni negative sui limiti degli ambienti ospedalieri e della sanità in genere se ne possono e se ne devono fare. Mi piacerebbe però che la prossima volta riuscissi a trovare una notizia che renda giustizia anche a quella passione sterminata con cui tanti, specialmente tanti giovani, affrontano questo lavoro come una missione disinteressata, tra difficoltà economiche continue e la reale tentazione di mollare”. Ecco, adesso non so se potrò essere davvero in grado di rispondere perfettamente ad una richiesta così precisa, diciamo che mi prodigo nel mio bislacco tentativo segnalandovi un’iniziativa forse importante da condividere. Si tratta di una simpatica e brillante trovata, messa a punto dall’intero personale dell’Istituto per la ricerca in Biomedicina di Barcellona (IRB), che ha visto bene di realizzare un video, sulle note orecchiabili di Safe and Sound dei Capital Cities, cimentandosi, tra l’altro con ottimi risultati, in un coinvolgente balletto (video allegato). Lo scopo della clip è quello naturalmente benefico, raccogliere cioè i fondi necessari per portare avanti gli studi su alcune malattie metaboliche gravi, su cancro e Alzheimer, secondo il consolidato meccanismo per cui gli stessi sponsor del progetto doneranno una certa cifra al raggiungimento di ogni nuovo significativo numero di visualizzazioni in rete del video. Che, a questo punto, occorre guardare, apprezzare e diffondere. Per noi stessi. Per Sandra. Per chi ogni giorno spende il proprio tempo e le proprie fondamentali energie a tutela della nostra salute.

Talenti serpenti!

Nicki Minaj – Anaconda – YouTube.

Eppure qualcuno dovrebbe davvero prendersi la briga di spiegare a Gianni Belfiore, storico paroliere di artisti come Fred Bongusto e Raffaella Carrà, ma soprattutto stretto collaboratore di Julio Iglesias, autore di alcuni suoi indimenticabili successi come Manuela e Se mi lasci non vale (è stato lui, con quel suo verso un tantinello criptico “se un uomo tradisce, tradisce a metà” a fornire a lungo l’alibi a milioni di fedifraghi impenitenti), che i tempi sono, ahimè, drasticamente cambiati, che ci troviamo ormai, volenti o nolenti, nel 2014, e che per cantare passione e desiderio occorre abbandonare del tutto quei toni dolciastri da telenovela sudamericana, a cui c’avevano appunto abituato le struggenti interpretazioni di Julio. Perché nei giorni scorsi, proprio mentre lo stesso Belfiore ci teneva a rendere nota pubblicamente, attraverso le pagine di una celebre rivista di gossip, la sua ultima fatica in musica, il brano Immagine, nelle intenzioni pensato per la voce nostrana di Cesare Cremonini e del tutto inaspettamente ispirato al fascino un po’ altezzoso di (tenetevi forte) Maria Elena Boschi, il nostro attuale Ministro per le Riforme Costituzionali, a spadroneggiare invece fra le ultimissime news musicali è stata la contemporanea uscita di un pezzo (accompagnato da relativa e scandalosa performance live) di tutt’altro e più esplicito genere. Due canzoni impossibili da paragonare, tale e abissale è la differenza tra rime garbate come “sei come la compagna di scuola del liceo, il simbolo dell’amore dove il sesso si fa reo” tratte dal testo di Belfiore, a cui va comunque il merito di restituire alla perfezione quell’aria da crocerossina spedita al fronte (che tanto sembra piacere agli uomini) della Boschi, e il testo di Anaconda, ultimo e (credetemi) inarrestabile successo della rapper statunitense, originaria di Trinidad, Nicki Minaj (video allegato), forte di un ciclico ritornello a luci rosse, intonato da una voce maschile, che afferma senza mezzi termini “my anaconda don’t want none unless you got buns (qualcosa tipo “la mia anaconda non vuole nessuno che non abbia le chiappe”!). Insomma, anche in questo caso, l’anaconda non è un serpente, si potrebbe aggiungere parafrasando Kobra, il celebre brano della Rettore, a suo tempo la prima interprete colpevole di essere ricorsa in una hit alla furbizia di doppi sensi col mondo dei rettili ma che, rispetto alle attuali e fin troppo palesi allusioni della Minaj, il cui video in questione ha comunque ottenuto, fino adesso, oltre 120 milioni di visualizzazioni solo su YouTube (capito, sì?), sui paragoni zoologici c’era andata un po’ più cauta. A quanto pare però la volgarità rende: e per rincarare la dose, la procace rapper, già collaboratrice in passato di star del calibro di Mariah Carey, Rihanna, Madonna, ha pensato bene di riproporre la cliccatissima coreografia osè del video (seppur privata di quel contorno di banane, panna montata ed altri espedienti culinari da film di Pierino) sul palco degli MTV Music Awards 2014, tenutisi lo scorso 24 Agosto in California, riuscendo così ad ottenere un ritorno mediatico maggiore anche di quello della stessa Beyoncé, trionfatrice della serata, e ad essere indicata, dopo Miley Cyrus, come la nuova reginetta musicale dello scandalo. Titolo per aspirare al quale, a questo punto, sembra non ci voglia poi molto: scoprire e dimenare il più possibile il proprio fondoschiena (meglio se piuttosto abbondante), preferibilmente sulle note di un brano piccante e inneggiante al sesso. Che in musica è sempre stato un pensiero frequente. Che diventa invadente (ma quanto era geniale la Rettore?).

Solidarietà a secchiate

Donatella Versace ALS Ice Bucket Challenge – YouTube.

In questo scorcio d’estate meterologicamente capricciosa, per non dire fin troppo avara di cieli azzurri (eccezion fatta per quei magnifici e soleggiati venti giorni di Agosto che, per un inaspettato e sfacciato colpo di fortuna, hanno finito per coincidere in toto con le bramate vacanze del blogger scansafatiche autore di questa pagina, inducendolo a presenziare maggiormente sulle spiagge che non sul web…ma questo forse l’avevate già notato) occorre forse ripartire dalla constatazione di una, assai dibattuta, anomalia avvenuta sul piano della comunicazione. E cioé che, per quanto emittenti radiofoniche e case discografiche abbiano fatto davvero del loro meglio per assediarci e asfissiarci ovunque con i soliti, ballabili e orecchiabilissimi tre, forse quattro motivetti pop, tutti ugualmente aspiranti al titolo ambito di tormentone di stagione, ma nessuno dei quali, a dire il vero, poi divenuto vincitore incontrastato, l’onnipresente, più rilevante e martellante fenomeno globale di questa estate 2014 non è stato un brano musicale ma, al contrario, un video amatoriale. No, non sto naturalmente parlando del criticatissmo “sexy – incidente” capitato su di un palco in Perù alla nostra Laura Pausini, che troppo fiduciosa nella tenuta dell’accappatoio con cui si stava esibendo in un bis al termine di un suo concerto, ha mostrato involontariamente al pubblico ben altre doti, oltre a quelle canore, episodio che soltanto lo scorso Luglio sembrava comunque aver segnato irrimediabilmente la stagione in corso come quella da ricordare per la fuoriuscita della “patata romagnola”. Mi riferisco invece alla virale e riuscitissima, sebbene causa di inarrestabili fiumi di polemiche, campagna di sensibilizzazione promossa dalla ALS Association, la più importante organizzazione americana impegnata nella lotta e nella raccolta fondi per combattere la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, lanciata proprio in questo mese e nota con il nome di Ice Bucket Challenge (per intenderci “la sfida della secchiata d’acqua gelida”). Il meccanismo è semplice: ogni sfidato ha ventiquattr’ore di tempo per effettuare una donazione in favore della ricerca contro la malattia (in Italia è possibile farla tramite il sito dell’AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, http://www.aisla.it/) pena riprendersi mentre si rovescia (o gli viene rovesciato addosso) un secchio pieno d’acqua ghiacciata e quindi diffondere il video. Inoltre ciascuno sfidato deve a sua volta sfidare, nominandole nel proprio video, altre tre persone (le più varie o le prime che vi vengono in mente) a fare altrettanto, innescando così in questo modo una catena di solidarietà e divertimento che abbia comunque il fine di far circolare l’iniziativa sui media, per dar maggior spazio alle informazioni sulla terribile malattia e ovviamente ottenere allo stesso tempo più proventi possibile. E se in tutto il mondo la campagna, che ha coinvolto trasversalmente personaggi dello sport (da Cristiano Ronaldo a David Beckham), colossi dell’informatica (Bill Gates e Marc Zuckerberg in primis), celebrities di ogni sorta (in allegato il video di Donatella Versace, il migliore, a mio modesto parere, per quell’attimo di esitazione accompagnato da un italianissimo “No, aspetta” dopo un accorato appello a contribuire in un inglese compassato) e anonimi donatori desiderosi dei pochi loro minuti di notorietà (esilaranti i vari video con scivoloni ed errori di ogni sorta trovabili in rete), non sono mancate, soprattutto in Italia, critiche crudeli mosse all’insolito progetto, che si sono poi estese ai numerosissimi volti noti che ne hanno preso parte. Scagliate soprattutto dal severo popolo di internet, troppo dedito, come il sottoscritto, a elargire opinioni e bacchettate anche quando non richiesto, così come ad affrettarsi a rimproverare il vuoto narcisismo di chi ha aderito alla campagna (lo stesso che però non gli vieta di essere presente con milioni di selfie, ad ogni ora su ogni social network), esigendo in alcuni casi perfino la foto, la fattura o comunque la prova delle reali donazioni effettuate (sorvolerei inoltre qui sulle ridicole prediche fatte a Luciana Littizzetto, rea di aver sventolato solo 100 euro nel proprio video e dunque tacciata di tirchieria, e sul capitolo a parte che meriterebbe la strumentalizzabile doccia gelata di Matteo Renzi, primo ed unico capo di Stato a rispondere all’appello). “Coltivate il senso dell’umorismo: c’è tanto da ridere al mondo, degli altri, di voi stessi, delle cose che vi parevano così importanti e che invece erano così stupide” consigliava con ironia pungente, nel suo premiatissimo libro d’esordio del 2009 L’ultima estate, Cesarina Vighy, malata di SLA e scomparsa l’anno successivo, opera divenuta oggigiorno più attuale che mai. Una lezione che in tanti, troppi, in tutta questa assurda vicenda, dovrebbero forse tenere bene a mente.

Lunga vita (virtuale) al Re!

Michael Jackson – Slave To The Rhythm – YouTube.

C’è chi lo negherà fino alla morte (perché, per quanto negli anni ti possa faticosamente esser riuscito di conquistare l’opinione di persona assai figa, per retrocedere all’infimo gradino di esemplare ridicolo basta invece un attimo) ma sfido a scovare anche un solo trenta/quarantenne degli attuali anni ’10 del terzo millennio che, due o più decenni or sono, non c’abbia provato almeno una volta. Magari allenandosi di continuo allo specchio nella blindata solitudine della propria cameretta, o forse fornendo un saggio discutibile delle proprie abilità danzerecce, spronato da quella scioltezza e dalla caratteristica faccia di bronzo che un qualsiasi pessimo vino, scolato senza freni in una qualsiasi festa casalinga, può regalare anche al più legnoso, restìo o timoroso dei ballerini. Di sicuro consumando prematuramente e in maniera sbilenca quella scomoda suola rasoterra, prerogativa di una certa marca di scarpe da tennis (perché sneakers è un termine fin troppo moderno, mentre gli attuali, coloratissimi e iperstrutturati modelli con ammortizzatori non sono proprio adatti allo scopo), oppure riuscendo a bucare sempre nello stesso punto centinaia di paia di calzettoni, perché in effetti, senza scarpe, cimentarsi in quel lento scivolare all’indietro sul pavimento poteva sembrare, almeno all’inizio, di una facilità impressionante. Per farla breve (che, diciamolo, non è proprio il mio forte) bastava accennare, anche in maniera scomposta, due passi, seppur incerti, del celebre moonwalk e ti pareva quasi di essere investito e in parte toccato da quell’unicità di grazia e dallo smisurato talento del solo, indiscusso e impareggiabile Re del Pop, Michael Jackson. E per quanto, all’epoca, potevate invece appartenere alla già esistente e altrettanto scatenata fazione dei madonnari convinti (nel senso di fan sfegatati, tutti pizzi e crocifissi, di Miss Ciccone, non di artisti da gessetti di strada) vi sarà comunque impossibile non riuscire ad ammettere il vostro debito di riconoscenza verso sua maestà Jackson. Colui che ha contribuito, soprattutto, a fissare nella vostra memoria di italiano così allergico alle lingue straniere quei cinque, sei, termini di inglese basico (tipo bad, dangerous, beat, o black e white) facilmente spendibili anche nella conversazione più improvvisata o spicciola, oltre naturalmente a quei sensuali movimenti pelvici che almeno in una circostanza (una di sicuro) vi saranno tornati piuttosto utili. Insomma, tutti coloro che ricordano a menadito le coreografie di Billie Jean o Smooth Criminal, che sono rimasti come ipnotizzati di fronte al fasto di videoclip come Remember the time o Scream, talvolta più lunghi e costosi di un’intera soap opera nostrana, che hanno assistito, sgomenti, alla radicale trasformazione di King Michael, causa delirio da eccesso di miliardi e di chirurgia plastica, da gradevole esemplare maschile di colore a femminea ed eburnea creatura priva di naso, che sono infine rimasti spiazzati e in qualche modo addolorati, cinque anni fa, dalla sua precoce e mai del tutto chiarita scomparsa, potranno in parte gioire questi giorni per il suo singolare ritorno sulle scene. Non tanto sul piano musicale, con l’uscita dell’album postumo Xscape, che, come già avvenuto per decine di artisti amatissimi e improvvisamente mancati, fa leva sulla pratica del necro-business sfruttando qualche traccia scartata nel confezionare lavori precedenti, magari arricchita di un qualche duetto con un cantante adesso in auge, così, tanto per darle una rapida ed orecchiabile svecchiata. Quanto quello avvenuto su un palcoscenico vero e proprio, sabato scorso a Las Vegas, in occasione dei Billborad Awards 2014, grazie a un sofisticato e studiatissimo ologramma virtuale che ha dato, per una notte, l’illusione di una sua coinvolgente performance in perfetto vecchio stile (video allegato). Che, nonostante la sincronizzazione non proprio perfetta con il corpo di ballo (vero e) presente e i mai superati difetti insiti nelle, ormai usatissime, ricostruzioni al computer, come una certa piattezza di ombre e l’inconsistenza materica dei corpi che sembrano galleggiare nello spazio, ha riportato sotto i riflettori le sue indimenticabili ed imitatissime movenze come la sua ineguagliabile bravura. Solleticando allo stesso tempo tutti i numerosi ricordi, la stima e la nostalgia dei suoi tanti sudditi ancora affascinati dalle capacità di un sovrano mai del tutto rimpiazzato.

Che musica, maestro!

Stromae – Tous Les Mêmes – YouTube.

Sinceramente credo di vivere in un Paese straordinario, un Paese che racchiude tutto il proprio, innegabile fascino nella sua natura incomprensibile e contradditoria, nel suo lento muoversi come un gigantesco carro di carnevale tra la folla, come una sorta di creaturona animata da meccanisimi oscuri o vagamente intuibili, occultati a dovere dalla spettacolarità di un volto grottesco e attraente al tempo stesso. Un Paese, che, forse timoroso di sprofondare nella noia più cupa i propri cittadini, i quali, insomma, di motivi per lagnarsi ne avrebbero già accumulati una scorta abbondante anche per le prossime due decadi, ha visto bene di prendere l’abitudine, così, tanto per rallegrare la scena, di fare e disfare governi almeno una o due volte l’anno, anche se quello uscente, fino al giorno della sua caduta seminaspettata, veniva dipinto come perfettamente funzionante o almeno sostenuto da una qualche credibilità internazionale o da larghi consensi. Che poi, era quello che avevamo appunto pensato, perché in tanti ce l’avevano raccontata così, del lavoro apparentemente scrupoloso portato avanti dall’ex – premier Enrico Letta, il quale, si è ritrovato all’improvviso a pagare con la sua stessa testa, forse, l’imperdonabile scivolone mediatico di aver presenziato alle Olimpiadi invernali di Sochi nella Russia omofoba di Putin, unico, al momento, contestatissimo episodio della sua recente carriera politica. Ma si sa, agli occhi di un’opinione pubblica che a parole difende strenuamente i diritti della comunità omosessuale, quando poi forse ripristinerebbe volentieri i roghi, certi passi falsi appaiono inaccettabili, e per fortuna che a consolidare l’immagine di un’Italia più gay – friendly e tollerante c’abbia pensato Vladimir Luxuria, grazie al suo folle quanto eroico sventolare una bandiera arcobaleno nello stesso complesso olimpico (gesto per il quale è stata poi fermata e allontanata). A questo punto sarebbe logico attendersi come reazione numerose parole in lode e in difesa della ex – parlamentare spese dai suoi connazionali: macchè, molte più le critiche piovute su di lei, guidicata “irresponsabile”, “egocentrica”, senza contare inoltre i terribili insulti fioccati su tutte le pagine dei social network, dove il complimento più carino che le è stato fatto è “assomiglia alla moglie di Renzi (e in effetti)”!

Ah, già, sì, Renzi, il nostro “premier in pectore”, come ci ricorda quotidianamente ogni tg in apertura: che dire, non facciamo i disfattisti, proviamo almeno dargli un briciolo di fiducia iniziale. Certo che se riesce davvero a far tutto quello che (ci) promette, all’impressionante (e poco credibile?) ritmo di una riforma al mese, a Settembre avremmo già risolto i problemi che c’affliggono da oltre venti anni. E dopo che facciamo? Voglio dire, mica siamo abituati alle dinamiche di un Paese che funzioni sul serio. Vedremo. Tanto, tutte le nostre previsioni di politologi da strapazzo, in cui ci trasformiamo noi italiani ad ogni terremoto in parlamento, sono già state accantonate in favore della nostra anima da critici musicali che emerge di fronte ad un ben più importante evento di questi giorni: il festival di Sanremo. Che, appena cominciato, tra contestazioni, canzonette e mostri sacri della spettacolo (parlavo ovviamente della Carrà) ha già catalizzato l’attenzione di tutti, compresi quelli che si ostinano a dichiararsi immuni dalla diffusissima dipendenza da palco dell’Ariston (e poi si rinchiudono di nascosto per un’intera settimana, la sera, a casa, sul divano). Proprio a voi allora dedico la chiusura di questo post, dandovi quelle due nozioni in più sull’ospite straniero dell’ultima serata (in genere abbastanza sconosciuto), in modo da farvi bella figura di fronte ai vostri amici che avrete di sicuro invitato a casa per la finale del Festival. Trattasi di Stromae (video allegato), pseudonimo (ottenuto dall’inversione delle due sillabe di “maestro”) dell’artista belga 29enne (lui sul serio, mica come me) Paul Van Haver, padre ruandese e madre fiamminga, che ha già scomodato paragoni eccellenti, dalla gestualità di Jacques Brel al trasformismo di Grace Jones. Qualità che il cantante dimostra senza dubbio di possedere nel video Tous les memes, cliccato oltre 20 milioni di volte solo su YouTube, nel quale, travestito per metà da donna, si muove in un balletto memore di Thriller di Michael Jackson, sulle note di un brano che suona come una dura condanna di tutte le discriminazioni di natura sessuale. Tema, che come abbiamo già ampiamente dimostrato proprio in queste ultime settimane, a noi italiani sta particolarmente a cuore.