Imany – You will never know | SK* Session – YouTube.
Va bene, ne avete tutto il diritto. Di sentirvi trascurati, forse un po’ abbandonati, per non dire addirittura traditi da quel vagabondo di blogger, che dopo avervi inseguito e pregato in ogni modo e con ogni mezzo per ottenere la vostra attenzione e approvazione, sparisce per quasi una settimana dalle pagine virtuali del suo stesso blog. No, non sono ancora in ferie (magari); sarebbe stata una piacevole spiegazione per la mia breve latitanza. Eppure di notizie che avrebbero solleticato la mia immaginazione e ottenuto (presumo) il vostro consenso ce ne sono e ce ne sarebbero state in abbondanza. Il fatto è che si è sempre trattato di avvenimenti per un motivo o l’altro protrattisi per le lunghe, ben oltre le energie e la pazienza di cui sono in possesso al momento. Insomma, di stare a vedere come sarebbe finita questa o quella volta, francamente, non ne ho avuto la minima voglia. Prendiamo ad esempio il caso del “royal baby”, il bambino più atteso e già più famoso del mondo, come solo stamani ripeteva l’ennesima conduttrice del tg dalla vocina stridula. Perfino la bisnonna, sua altezza Elisabetta II d’Inghilterra, è sbottata davanti ai microfoni ammettendo la sua comprensibile voglia di andare in vacanza (perché poi, a 87 anni, non sai mica quante altre estati rimangono da goderti) alla faccia del nipotino in arrivo. Figuriamoci chi come noi non possiede la benché minima goccia di sangue blu; l’infinita vicenda della nascita dell’erede di casa Windsor, a parte una blanda curiosità per il nome (ma solo perché la famiglia di lei vanta delle scelte raffinate come Pippa, non dimentichiamolo) non rientra esattamente tra le nostre priorità. Certo, tutto il chiasso intorno a quello definito come il “travaglio reale” mi ha divertito, lo ammetto; ma solo per l’accostamento, o meglio, l’accozzaglia linguistica di due elementi così dissonanti. Voglio dire: l’aggettivo “reale” non è che si presti sempre alla perfezione ad affiancare qualsiasi termine, sennò i prossimi mesi toccherebbe fare i conti con articoli mirati ad aggiornarci sui progressi del suddetto neonato come le ”puzzette reali” o i “ruttini reali”. La scelta poi di abbinarlo alla parola “travaglio” la trovo particolarmente infelice; un momento che in genere evoca urla e sudore, donne in preda a dolori lancinanti, intente a scagliare su mariti e compagni insulti degni della bambina dell’Esorcista, di reale, ditemi voi, cosa potrebbe mai avere.
L’altra storia che in questi giorni avevo provato sinceramente a seguire al fine di commentarne qui sopra l’evoluzione, per poi invece stancarmi al primo botta e risposta di troppo, è la nota bagarre scoppiata tra il Comune di Milano e gli stilisti Dolce & Gabbana. Per chi non la conosca, tento di riassumerla velocemente, senza riportare la noia che di fatto ha colto il blogger intento a documentarsi leggendosi tutti i pezzi al riguardo. I due fashion designer, che una volta, al pari di Brooke e Ridge, rappresentavano l’ideale di amore duraturo e smisurato (e doveva essere di certo amore, si diceva, perché uno così alto e belloccio non può stare con uno più basso, bruttino e calvo senza amarlo) subiscono un’ulteriore incrinatura della loro immagine, dopo la loro separazione sentimentale del 2005, per alcuni guai con il fisco, vicenda che si conclude lo scorso Giugno con la condanna a un anno e otto mesi per evasione e l’assoluzione per altre due ipotesi di reato. L’assessore al Commercio del Comune, Franco d’Alfonso, si lascia sfuggire pochi giorni dopo una frase infelice, del tipo “non si dovrebbero concedere spazi pubblici a marchi che si macchiano di crimini particolarmente odiosi” e da qui parte la reazione (spropositata?) degli stilisti prima su Twitter (“Fate schifo” scrive lapidario dal suo account Stefano Gabbana rivolgendosi al Comune di Milano, risparmiando, di fatto, 129 caratteri su 140) poi nelle loro boutique di Milano, rimaste chiuse al pubblico (“per indignazione” come spiega un cartello sulla saracinesca abbassata) per oltre 72 ore. A rincarare la dose ci si metteranno poi gli animalisti (“l’unica indignazione è per le bestie che avete ucciso” scriveranno fuori agli stessi negozi) il sindaco Pisapia in persona (“stanno esagerando”) la stampa e i colleghi scesi spesso e volentieri in appoggio dei due. Un fatto divenuto interminabile. Ogni giorno si aggiungeva un tassello. Avrò riscritto il post a riguardo una ventina di volte. Alla fine, mi sono stufato, del tutto. Perché poi, non sarò questo incomparabile esempio di virilità, ma in un aspetto sono maschio fino al midollo: riesco a fare una cosa sola alla volta. E neanche così bene. Sicché tra il lavoro, il caldo, la stanchezza, di aggiornarmi continuamente sulle tumultuose vicissitudini del marchio (che, come prodotto ed estetica non ho mai amato troppo) ne ho avuto le scatole piene. E ho mollato. Mi sono rilassato al ritmo della canzone che al momento preferisco (video allegato), e ho dormito. Tanto. Lasciandovi orfani del vostro abituale post. Adesso però sono pronto a ripartire. Almeno credo.
(Nelle ore in cui scrivevo queste righe è venuto finalmente al mondo il primogenito di William e Kate. Che Dio c’aiuti per la scelta del nome. E che salvi le vacanze della Regina).