Passato di spezie…

Spice Girls – Wannabe – YouTube.

Se servisse un’ulteriore riprova di come il tempo riesca talvolta a trasformare, con l’inevitabile ingresso nell’età adulta, in creature noiosamente posate e un filino nostalgiche perfino chi nei più turbolenti anni giovanili non faceva parlare esattamente di sé per la propria pubblica compostezza, basterebbe seguire un qualsiasi profilo social dell’ex ginger Spice Geri (ex) Halliwell (adesso che anche il nome, dopo il recente matrimonio con un direttore sportivo di formula 1, è stato rimpiazzato nei documenti ufficiali da un più morigerato signora Horner). Abbandonati infatti da un pezzo i discutibili ciuffi platino sulla chioma rosso fuoco, le zeppe slogacaviglia e gli striminzitissimi abiti Union Jack – allora principale divisa delle sue esibizioni – le dichiarazioni pericolosamente sfacciate e i gesti un po’ cafoni (come il coraggioso pizzicotto sulle chiappe dato al principe Carlo d’Inghilterra) la più peperina del gruppo, divenuta, almeno nel look, una quasi sofisticata lady di campagna inglese, a 43 anni suonati, preferisce postare sui propri account Twitter e Instagram foto e testimonianze della sua nuova, placida, esistenza, fatta di biscottini sfornati ogni domenica, barbose passeggiate a cavallo, teneri e immancabili gattini (e chi non lo fa?). Salvo poi dar spazio ad improvvisi momenti amarcord, come finestre da spalancare d’un tratto sul suo celebre passato canoro, pubblicando ad esempio, per la gioia di tutti i suoi follower (blogger dall’animo pop incluso), uno scatto delle Spice Girls al completo datato Aprile 1996 e realizzato sul set del loro primissimo video musicale Wannabe (qui allegato), brano divenuto poi il maggiore ed inevitabile tormentone degli anni ’90, reo di aver sdoganato il girl power come slogan del neofemminismo di fine millennio e quel zigazig ha come il più abusato doppio senso erotico del periodo. Immagini che riviste oggi, a vent’anni esatti di distanza, un potere lo hanno davvero, quello però di catapultarti in un’altra, lontanissima epoca, quando l’algida Victoria Adams, lungi dall’essere l’attuale, seguitissima, icona di stile nonché perennemente imbronciata signora sfornapargoli Beckham, veniva soltanto apostrofata come la più legnosa ed afona delle cinque, quando Mel B., prima di riciclarsi in qualche talent canoro o affrontare le controversie legali sulla paternità di sua figlia con il re della commedia Eddie Murphy, era una ragazzetta sguaiata che non perdeva occasione di mostrare il piercing sulla lingua, quando infine ci ricordavamo su due piedi della freschezza dei volti di Mel C. ed Emma Bunton (rispettivamente Sporty e Baby Spice) senza lo sforzo odierno di dover ricorrere all’aiuto di Google immagini. E poco importa se per deliziare i milioni di fan ancora esistenti ai quattro angoli del pianeta o piuttosto per rimpinguare di tanto i tanto i loro cospicui conti correnti le ex cattive ragazze lasciano circolare tutte le voci possibili su ipotetiche e maldestre reunion, talvolta perfino realizzate (come alle ultime Olimpiadi di Londra nel 2012), dimostrando tra l’altro di non aver neppure imparato, in tutto questo tempo, ad azzeccare due note in un’esibizione dal vivo: nel nostro immaginario rimarranno comunque per sempre cristallizzate nel look da mercatino e un po’ pacchiano, nelle movenze ricalcabilissime e nel ritornello facile facile di quel primo singolo, vecchio ormai di due decenni. If you want my future, forget my past, se vuoi il mio futuro, dimenticati del mio passato, così cominciava lo stesso brano: un consiglio che proprio le Spice Girls sembrano però non aver preso  troppo alla lettera.

Dalla Russia con amore

Al Bano & Romina Power – Felicita 1982 – YouTube.

“Non conoscevo ancora l’italiano” mi confidò, davanti all’ennesima birra, in un’appiccicosa serata estiva, Stefan, stravagante e festaiolo studente tedesco con la passione per l’arte medioevale, conosciuto sui banchi dell’Università “ma ricordo ancora tutte le parole. Mia madre la ascoltava sempre”. Fu esattamente allora che pensai per la prima volta quanto siano capricciosi, oscuri e spesso indipendenti dalla nostra volontà i meccanismi della memoria, quanto, col passare degli anni, si faccia sempre più fatica a tenere a mente quel che invece vorremmo portare avanti con noi nel corso della vita, mentre milioni di “files” del nostro cervello rimangono, con sfacciata indifferenza, beatamente occupati da tonnellate di immagini, suoni e ricordi assorbiti, senza il minimo sforzo, in un’età in cui ogni cosa sembra potersi imprimere per sempre nella testa. Nel mio caso, queste piacevoli zavorre hanno le sembianze delle poesie di Trilussa, della storia degli Assiri e dei Babilonesi, delle filastrocche di mia nonna, delle Barbie decapitate di mia sorella, della sigla dell’Uomo Tigre. Per Stefan lo era Felicità di Al Bano e Romina (video allegato). A lui, sinceramente, è andata un po’ peggio. Soprattutto perchè, per un ignaro e biondissimo bambino cresciuto in quel di Colonia, nulla lasciava presagire che la sua infanzia sarebbe stata poi turbata da rime come “tenersi per mano e andare lontano”, per di più scandite dalla voce fioca, dagli ancheggiamenti scomposti e dalle gonne gipsy – kitsch di Romina Power. Ma la ricordava a menadito sul serio, come il suo tentativo sguaiato di intonarne il ritornello, tempestivamente interrotto dal sottoscritto, mi dimostrò. In effetti, quello di cui parlava Stefan era il periodo in cui, numerosi cantanti nostrani, non sempre altrettanto apprezzati in patria, potevano vantare invece un exploit di vendite e di successo in diversi paesi stranieri, realizzando così un differente ritratto della musica italiana all’estero, rimasto in voga poi per decenni (provate ancora oggi a chiedere a un amico belga o austriaco quali artisti italiani conosca, e state pur certi che, oltre ai soliti Eros Ramazzotti, Laura Pausini e Tiziano Ferro salteranno fuori nomi come Ricchi e Poveri, Toto Cutugno, Pupo). E che in alcuni stati dall’economia in ascesa, di quelli investiti, nonostante la crisi arcinota, da uno schiaffo improvviso di ricchezza e benessere, continuano (inspiegabilmente?) a funzionare. Come la Russia. E non è infatti un caso, che soli pochi giorni fa, nelle strade di Mosca, abbiano fatto la loro singolare comparsa delle locandine che annunciavano, udite udite, una serie di concerti in programma alla Crocus City Hall, gigantesca arena cittadina, in cui si dovrebbe finalmente verificare la tanto attesa riconciliazione artistica della  celebre coppia Carrisi – Power (http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/bano-e-romina-ventanni-ancora-coppia-solo-cantare-933376.html). Nessuna conferma ufficiale, in realtà, è mai giunta dai due diretti interessati, indaffarati nelle ultime ore a glissare sull’argomento, ritrattare, smentire, ma sempre senza troppa convinzione. Staremo a vedere. Certo è che, dopo aver cantato per quasi trent’anni sul palcoscenico l’ideale di amore eterno (per poi confermarci che effettivamente non esiste), incarnato nella vita privata la famiglia pseudo-perfetta, arricchita da una cucciolata di figli dai nome esotici (inutile qui rinvangare la tragedia della scomparsa della primogenita Ylenia), inciampato in arrampicatrici da avanspettacolo desiderose di notorietà (leggi Loredana Lecciso), un assaggio di Felicità, anche solo motivato dai tanti quattrini russi che eventualmente giungerebbero, sarebbe un atto dovuto. Perfino come scuse ufficiali a chi, a quella storia della “telefonata non aspettata”, canticchiandola, c’ha veramente creduto. Pur, come Stefan, non capendone affatto il significato.

A volte ritornano

I Think You Might Like It – YouTube.

A me le “operazioni nostalgia” mettono sempre una gran tristezza. Per “operazioni nostalgia” intendo quell’incomprensibile smania che spinge alcuni volti dello spettacolo, perfino quelli con una rispettabile carriera alle spalle –  oltre a chi, invece, campa da decenni su quei tre, quattro successi – a ritornare coraggiosamente sulle scene dopo lunghi silenzi. Soprattutto se la loro fama è dovuta, come spesso avviene, più che a doti artistiche, anche al ruolo di sex – symbol che hanno rivestito nel loro momento di massimo splendore. Mi domando: se a 20/30 anni sei stato l’irraggiungibile sogno erotico per generazioni di adolescenti deliranti, chi te lo fa fare di ripresentarti a un’età in cui dovresti dedicarti al giardinaggio o al golf a rinverdire i tuoi fasti con un aspetto che, diciamocelo francamente, ha visto stagioni migliori? Hai forse perso ai cavalli? Gli esempi si contano a decine: dal doppio mento dell’ormai 54enne Simon Le Bon alle visibili maniglie dell’amore dell’ex Take That Gary Barlow, e adesso, ciliegina sulla torta, la reunion, dopo ben 35 anni, di John Travolta e Olivia Newton-John. I quali, non soddisfatti l’uno di un curriculum d’attore navigato con diversi successi all’attivo, di un jet privato e di una discutibile militanza con Scientology, l’altra di una vita da splendida signora over 60, che rimarrà per sempre nell’immaginario collettivo la Sandy inguainata di pelle nera nella scena finale di Grease, tornano a incidere insieme un album per beneficenza, This Christmas, per di più di canzoni natalizie (altra operazione delicatissima, riuscita in passato solo a Mariah Carey con mini-gonnellino rosso, che infatti con All I want for Christmas is you ci tormenta ormai da quasi 20 anni, senza che si trovi qualcun altro degno di sostituirla come colonna sonora delle nostre feste). Iniziativa che di per sè può essere anche lodevole, e perchè no, interessante o divertente. Se non fosse che i due signori in questione, per il video del primo singolo estratto dall’album I think you might like it (che ho pubblicato qui sopra, così è più chiaro ciò di cui sto parlando) hanno citato, o meglio, rifatto il verso – evviva l’originalità – proprio alle scene girate insieme anni or sono in Grease. La stampa internazionale, senza troppi complimenti (e a ragione) li ha letteralmente fatti a pezzi. Permettetemi quindi di aggiungere solo il mio personalissimo commento: aridatece Danny Zuko.