“Se stavolta è un bastone per i selfie giuro che te lo spezzo sulla testa!” provo a minacciare, sopraffatto dalle risate, il mio amore, che fedele ad una lunga, personale quanto insana tradizione, allo scoccare puntuale della mezzanotte con cui si inaugura ogni mio sempre più detestato e inevitabile compleanno, possiede la simpatica abitudine di far sbucare dal nulla un piccolo pacchettino artigianale, pensiero apparentemente romantico, se non fosse che il regalo in questione consista in genere in un oggetto pressoché inutile, particolarmente kitsch, mirato insomma a sbeffeggiare le mie numerose manie o pecche, dall’innegabile vanità leonina (perché fa così comodo incolpare gli astri dei nostri difetti) ai milioni di miei giganteschi e inutili arrovellamenti sul tempo che passa. “No, non è per i selfie. Ma non ci sei andato lontano. Tanti auguri!”. E così, mentre nella testa cominciano a farsi spazio le solite, schiaccianti, inquietudini che mi accompagneranno di sicuro per tutta la giornata a venire (un altro anno? ancora? ma i 29 non li avevo già compiuti abbastanza?) mi ritrovo tra le mani come prima, inaspettata e non saprei dire quanto gradita sorpresa, un’asta telescopica con un minuscolo rastrello metallico fissato alla sommità, in altre parole un “grattaschiena”, attrezzo di cui ignoravo perfino l’esistenza, ma che immagino possa tornarmi utile visto che l’avanzare degli anni sottrae al corpo agilità ed elasticità muscolare. Ma sì, mi dico, forse ricorrere all’ironia rimane l’unico e più salutare metodo per fronteggiare i tormenti che tra poche ore mi assaliranno, quelli che immancabili si ripresenteranno insieme alle candeline da spegnere alla sola idea che anagraficamente starei quasi per rientrare nell’orribile definizione di “uomo di mezza età”, mentre il cervello e la maturità rimangono ahimé quelle di un teenager totalmente impermeabile allo scorrere serrato delle stagioni, e il fisico di recente alleggerito di otto chili comincia invece a mostrare sparsi qua e là piccoli cedimenti strutturali e una silhouette in qualche punto paragonabile a una borsa dell’acqua calda svuotata.
Tutti sforzi poi inutili, intendo quelli fatti per tornare un tantinello un po’ più in forma, perlomeno agli occhi crudeli di mia sorella, che non contenta di aver pubblicato quel giorno sul mio profilo Facebook un vecchio scatto risalente addirittura al mio 5° compleanno, la cui pessima qualità fotografica lo renderebbe forse databile al tardo pleistocene o giù di lì, si è presentata alla cena greca per la mia festa con in dono una raffinata t – shirt rossa (questo glielo concediamo), dall’implacabile però dicitura XL ben visibile sull’etichetta (sgrunt), taglia per di più mai indossata neppure durante i momenti di maggiore dilatazione corporea decretati dalla bilancia e solo da poco superati. Altri momenti piacevoli o memorabili non sono comunque mancati: la quasi totalità della giornata trascorsa al lavoro, leggendo nelle pause un interessantissimo libro sulla body art che tento di portare avanti coprendo come posso, per non svenire, le immagini di artisti dediti a tagliuzzarsi con lamette, interrotta dal pranzo carinamente offertomi per l’occasione da una collega con cui non ho ancora la confidenza necessaria per confessarle lo sbaglio nello scegliere un’insalata di riso con troppi ingredienti verdi, che detesto (“Ma la rucola non la mangi?” “No, è che ho i denti radi, poi mi rimane in mezzo!”), e dalla pioggia incessante di auguri giunta via sms o Whatsapp, a cui ho provato a rispondere il più in fretta possibile sbagliando puntualmente in ogni messaggio parole o icone per deleterio intervento del suggeritore automatico (mi sono partiti in ordine un “grazie bara” invece di “cara” , un equivocabile “cicciolina” invece di “ciccia” e l’emoticon di una cacca al posto di una faccina con un bacio). Preso poi dallo slancio di mostrare la dovuta gratitudine a chi si fosse ricordato della mia festa, dedicandomi qualche minuto del suo tempo, ho anche replicato con un entusiasmo esagerato al “tanti auguri” di una mendicante incrociata per caso in strada, credendo lì per lì che fosse venuta in qualche modo a conoscenza del mio compleanno. Vabbé, dicono che ogni anno che passa sia comunque una conquista: la mia lucidità mentale non sembra essere troppo d’accordo.
P.s. Il grattaschiena giace adesso sul mio comodino, in compagnia di un poggia-occhiali a forma di profilo umano, regalatomi il giorno seguente dalla mia collega Stella, che ha detto di averlo visto e pensato subito a me. In effetti, se si esclude il verde tiffany del materiale con cui è realizzato, dimensione e andatura discendente sono proprio identiche a quelle del mio naso. Comincio anche a pensare che abbia soffiato l’idea al mio amore per il suo pensiero del prossimo anno.