Per anni si è parlato di lei come di una delle poche donne in grado di tenere testa, in quanto a talento e successo, all’apparente strapotere dei suoi colleghi maschi, in un periodo in cui, agli albori del prêt – à – portér, il mestiere di stilista sembrava quasi esclusivo appannaggio degli uomini. Per lungo tempo è stata considerata tra le personalità più colte, lungimiranti e innovative dell’intero settore della moda, lei che tra i primi, insieme a Missoni e a Walter Albini, decise di eleggere Milano, all’epoca nascente realtà industriale italiana, come vetrina ideale per la presentazione e la produzione delle sue collezioni, voltando così definitivamente le spalle a Firenze. Da un paio di giorni invece il nome di Krizia, o meglio, quell’ingegnoso pseudonimo, scovato in un dialogo di Platone sulle vanità, dietro cui si cela da sempre l’identità e l’intenso lavoro di Mariuccia Mandelli, 60 anni di attività nel fashion – system, un impero da circa 200 milioni di euro l’anno e centinaia di punti vendita sparsi nel mondo, dalle Antille all’estremo Oriente, ha tenuto di nuovo banco su tutti i giornali, non tanto per la coincidenza con le note settimane della moda, quanto perché si tratta (purtroppo?) dell’ultimo, eclatante caso di una prestigiosa griffe nazionale finita in mano di una qualche holding straniera (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2014/02/24/Krizia-passa-cinesi_10138742.html). Ritrovandosi ad ingrossare così le fila, insieme ad altri storici marchi italiani come Gucci, Valentino, Bulgari, Fendi, Emilio Pucci, delle maison del lusso passate sotto il parziale o totale controllo di società estere, in grado di rivitalizzarne quotazioni in borsa e capitale, ma che, forse, in nome del profitto, ne mortificano la storia o ne sacrificano, inevitabilmente, l’identità. Considerato soprattutto che nel caso di Krizia, brand che in anni recenti riusciva ancora a distinguersi per scelte all’avanguardia – come la prima trasmissione di una sfilata in streaming sul proprio sito o l’apprezzata collaborazione con giovani designer come Alber Elbaz, Giambattista Valli, Gianluca Capannolo e Fulvio Ruggiero – non si tratta di una cessione o di un passaggio ad uno storico gruppo francese, che, almeno, in fatto di moda potrebbe vantare un’altrettanto rinomata tradizione, ma all’azienda cinese Shenzen Marisfrolg Fashion, di proprietà della fondatrice, Zhu ChonYu, che si troverebbe dunque a ricoprire il doppio ruolo di presidente e direttore creativo. Per capire davvero con quali risultati occorrerà attendere ancora un anno, quando verrà finalmente presentata la prima collezione Krizia di nuova ideazione, quella per l’autunno/inverno 2016, che ci auguriamo non stravolga del tutto la fantasia e l’arditezza tipica delle note creazioni del marchio. Alcune delle quali, come i celebri capi dai tessuti metalizzati ispirati allo skyline di New York o le copiatissime maglie raffiguranti creature feline esotiche e dirompenti come in una tela di Ligabue, pare siano state selezionate, proprio in questi giorni, per l’imminente mostra sulla storia del made in Italy in programma al Victoria and Albert Museum di Londra, The Glamour of Italian fashion 1945 – 2014, (http://www.vam.ac.uk/content/exhibitions/exhibition-the-glamour-of-italian-fashion-1945-2014/), curata dalla storica Sonnet Stanfill, artefice di uno straordinario lavoro di ricerca tra gli archivi di numerose case di moda nazionali durato svariati anni. Il risultato è un’esposizione concepita come un viaggio articolato attraverso l’affermazione di un’industria e di un gusto ancora oggi riconosciuti a livello mondiale, dalla nascita del concetto stesso di moda italiana, alla fine del secondo dopoguerra, all’indiscusso apice del fenomeno, alla seconda metà degli anni ’70 (grazie a nomi quali Giorgio Armani, Gianfranco Ferré, Gianni Versace), fino a giungere ai nostri giorni, in cui gli stilisti paiono ritornati ad una condizione di semi-anonimato, offuscati dal peso e dall’ingombro del nome stesso del brand. Sempre che, di qui al 5 Aprile, data in cui è prevista l’inaugurazione della mostra, non si aggiunga qualche altra azienda storica a quelle per cui, le parole made in Italy, come Krizia, abbiano assunto ormai solo il sapore di un glorioso e nostalgico passato.
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Be happy!
Abba – Dancing Queen – YouTube.
Niente musi lunghi oggi, dobbiamo festeggiare. Non solo l’inizio della primavera, arrivata quest’anno in anticipo, proprio come cantava Laura Pausini in una suo celebre brano (perché, non lo conoscete?), parentesi che già dovrebbe darvi un’idea di quanto mi rincretinisca del tutto l’avvento della bella stagione. Inutile ripeterlo: il mio umore e le mie energie, messi a dura prova dalla brevità delle giornate e dalle rigide temperature invernali, mi portano ogni anno a contare ad una ad una le ore che mi separano dall’equinozio di primavera, (cioè il passaggio del Sole dall’emisfero australe a quello boreale…o forse il contrario?) avvenuto precisamente oggi alle 11.02. Un’ora che purtroppo si addice poco all’eventualità di un brindisi, altrimenti, credetemi, l’avrei degnamente celebrata con la bottiglia riservata alle grandi occasioni. Ma torniamo a noi: è primavera (basta, non lo sottolineo più, promesso) ma non solo. Come riportato da numerosi quotidiani odierni (http://www.lastampa.it/2013/03/20/societa/oggi-tutto-il-pianeta-prova-a-essere-felice-qcasGdm2F3zss3BeTy2zWN/pagina.html) l’ONU ha infatti stabilito nello scorso Luglio che proprio oggi, 20 Marzo 2013, forse per colmare quel vuoto esistente tra la festa del papà e il tradizionale avvio della nuova stagione, cadesse per la prima volta la Giornata Internazionale della Felicità. Dove per felicità non s’intende quel sentimento astratto e forse irraggiungibile che ciascuno persegue nella propria esistenza, con risultati più o meno soddisfacenti, ma un valore reale, oggettivo, peraltro stimabile con esattezza sulla base di precisi parametri, come la crescita economica, il progresso sociale e l’attenzione per l’ambiente, ovviamente variabili da Stato a Stato. Va da sè che nelle nazioni di area scandinava, come Norvegia e Finlandia, da sempre più sensibili a certe problematiche e più all’avanguardia in numerosi campi, l’indice di felicità sia potenzialmente maggiore che in altri paesi situati più a sud nel mondo. Eppure, discutendo con la mia amica svedese Kicki, la stessa che dal mio accento (da migliorare) nel parlare inglese e dal mio aspetto pensava fossi brasiliano e che si stupiva quando le nostre amiche di area mediterranea sollevavano problemi a lei sconosciuti, come la peluria scura sulla braccia, ho scoperto che anche lassù hanno i loro bei grattacapi. Ad esempio l’alto tasso di alcolismo diffuso soprattutto tra i giovani, pare in parte dovuto alla scarsità della luce solare durante l’anno (ragione che mi ha sempre scoraggiato dall’andarla a trovare) che aggrava di gran lunga l’intensità di alcuni stadi depressivi. Oppure il gran numero di incidenti stradali causati dalle alci, i bestioni tipici delle loro foreste, che, per quanto abituati a considerare animali innocui e simpatici per via dei peluche in vendita all’Ikea, sono in realtà dei colossi grandi due volte un cavallo di stazza media, con il vizio di zompare all’improvviso sul cofano delle auto perché attratti dai fari. Più interessante è semmai notare (ma non credo che l’ONU lo includerebbe mai tra gli indici di misurazione della felicità di un paese) che proprio in questi giorni, in Svezia, a Stoccolma, si stiano completando i lavori per l’inaugurazione, prevista per il prossimo 7 Maggio, del singolare museo interamente dedicato all’attività e alla storia degli ABBA, (http://espresso.repubblica.it/style_design/lista/fotogallerie/32604291?ref=HRSN-1 http://www.abbathemuseum.com/) il gruppo che con i suoi successi come Mamma mia, Dancing Queen (video allegato) ha segnato come nessun altro la musica disco anni ’70 – ’80. Tra l’altro, online, è già possibile prenotare i biglietti per l’ingresso nell’edificio appena ultimato, al cui interno è prevista anche la ricostruzione fedele della loro storica sala d’incisione, con tanto di costumi originali, con zampa d’elefante e lustrini, da indossare. Notizia che, immagino, in questa giornata, vi renda ancor più felici.