▶ Mina – La palla è rotonda [Mondiali di calcio Brasile 2014] – YouTube.
In determinate circostanze penso immediatamente che dovrei davvero ampliare la lista dei miei (scarsi) interessi, esplorare almeno una di quelle strade mai percorse che un nuovo hobby, in precedenza neanche preso in considerazione per un minuto, fosse anche il cake design o la danza sufi, potrebbe d’un tratto apririmi. Oppure provare a buttarmi coraggiosamente a capofitto nello studio di una materia fino adesso esclusa dalle mie limitate attenzioni, anche ripescandola tra quelle abbandonate troppo presto negli anni scolastici, come la chimica o la geografia astronomica, magari riscoprendo in loro un nuovo fascino che la mia accondiscendenza di uomo semi-maturo, a dispetto di certe rigide e giovanili repulsioni, sarebbe in grado adesso di riconoscere. E ci penso soprattutto in quelle rarissime occasioni in cui mi ammutolisco di colpo, la bocca silenziosa ma aperta per lo stupore, gli occhi che si fanno più sottili e attenti, perché letteralmente sedotto dalla potenza, dall’espressività e dal colore di altri linguaggi che, solo chi è avvezzo a praticare terreni da me poco battuti, riesce a padroneggiare o anche solo a comprendere. Talvolta ad esempio mi succede al ristorante, come quando l’altra sera, mentre la mia amica Simona mi chiedeva delucidazioni sulla crema al rosmarino (“Sai cos’è? L’hai mai mangiata?” “No, e dubito di farlo proprio oggi!”) ecco piombare tra di noi il sommelier, un ragazzo che dal viso non avrei giudicato troppo sveglio, a elencarci prontamente le qualità dei vini a disposizione da abbinare al nostro eventuale menu (“ma ‘sta crema poi la prendiamo?” “ma due fettuccine invece come le vedi?”). Ed ecco soprattutto dalle sue labbra schiudersi d’improvviso e prender vita davanti a noi mondi diversi e paesaggi pittoreschi, sentori e sapori anche lontani, evocati dalle sue parole con un’enfasi inaspettata, con un lessico barocco e iperbolico, che continuavo a trovare smisurato per poter essere tutto racchiuso in quella che ai miei occhi appariva ancora come una semplice bottiglia di vetro con del liquido alcolico all’interno. Ho capitolato infine di fronte al suo deciso sottolineare “al palato è tondo”, perché scosso dall’efficacia della presenza dell’aggettivo “tondo”, che posto a fianco del termine “vino”, potessi trascorrere anche interamente altre sei vite a scrivere, non mi salterebbe purtroppo mai in mente di utilizzare.
Stessa cosa mi accade quando, soprattutto negli assonnati e detestati lunedì mattina, mi accorgo di captare un po’ ovunque, a partire dal vocìo degli studenti scalmanati che affollano il bus ai capannelli di persone incaravattate fuori dagli uffici, delle colorite e originalissime (oddio, non sempre) discussioni di calcio. Tralasciando il limite della mia più cupa e scoraggiante ignoranza in materia, ciò che trovo avvincente è, oltre al calore e al trasporto che spesso permeano certi confronti post partita, l’uso di un vocabolario quasi epico, di espressioni ridondanti, di perifrasi ardite poggiate su termini che se utilizzati in altre situazioni quotidiane stonerebbero di certo perché troppo aulici. Che poi è decisamente lo stesso effetto che mi fa seguire i vari servizi sul pallone propinati da qualunque tg (me lo permettete un piccolo appello al direttore Mentana?: Enrì, uno a edizione sarebbe sufficiente, grazie!) in cui, a commento di quelle immagini che a me sembrano sempre identiche (un campo verde delimitato da due porte dove una ventina di giocatori corrono su e giù come forsennati) si intrecciano le più fantasiose e mirabolanti descrizioni, si indugia nella narrazione di azioni spettacolari e ipoteticamente mozzafiato, si ricamano parole immaginifiche che fatico ad abbinare alla visione di un qualche banale spezzone di partita. E che adesso ritrovo tutte fortunatamente concentrate, come in un approfonditissimo e senza dubbio ironico formulario, nel testo della nuova canzone della stravenerata (da me, in primis) Mina, La palla è rotonda (qui, almeno, sulla pertinenza dell’aggettivo non si discute), un samba coinvolgente, omaggio alla tradizione musicale del paese ospite degli imminenti Mondiali di calcio, il Brasile, per di più scelta da mamma Rai come sigla ufficiale delle trasmissioni del tanto atteso evento sportivo. Un brano più ritmato e trascinante della, pur onnipresente, colonna sonora dei Negramaro, Un amore così grande, di cui c’eravamo già occupati (http://www.tempiguasti.it/?p=2862), lanciata per la medesima occasione, il quale pare inoltre ribadire il ruolo, mai peraltro messo in discussione, della Tigre di Cremona come la nostra più eccezionale interprete di tutti i tempi, in grado, a 74 anni suonati, di essere ancora riconosciuta la sola degna di incarnare televisivamente le differenze dello sconfinato pubblico italiano che si radunerà di fronte alle partite. E che ho intenzione di imparare subito a memoria, se non altro per quell’uso sensazionale dell’aggettivo “ubriacante”, l’unico che forse avrei utilizzato, non proprio a casaccio, con il mio troppo saccente sommelier.