Alt(r)aRoma

Greta Boldini

Per un impegno improrogabile arrivo con un giorno di ritardo. Pazienza, il calendario pare comunque denso di appuntamenti, gli eventi in programma sembrerebbero piuttosto numerosi, qualche collezione interessante dovrei pur riuscire a vederla. Peccato che il mio smartphone abbia deciso, proprio durante il viaggio, di cominciare la sua lenta e drammatica agonia verso una fine poco tempestiva. Di usare la fotocamera del cellulare, per immortalare i momenti salienti della kermesse, perciò, non se ne parla. E stavolta non ho neanche con me una macchinetta digitale; a dire il vero, per non appesantirmi di bagagli, non mi sono preoccupato neanche di portare, come faccio di solito, il mio beneamato pc. Tecnologicamente inattrezzato, incupito dall’insolito grigiore del cielo ma armato delle più buone intenzioni, mi accingo perciò a seguire la XXVI edizione di AltaRoma, la manifestazione di haute couture capitolina, che quest’anno non mi sarei perso per niente al mondo, visti soprattutto i noti momenti critici che a meno di un mese dal suo avvio, hanno rischiato di comprometterne del tutto la realizzazione. E invece no. Dal 30 Gennaio al 2 Febbraio, dopo un provvidenziale stanziamento di fondi, con il contributo dello stesso Comune di Roma, la manifestazione è andata in scena: 30 appuntamenti tra sfilate, eventi e presentazioni, un discreto numero di iniziative dedicate ai talenti emergenti, qualche piacevole sorpresa sbucata tra nomi vecchi e nuovi. Quello che segue sarà dunque il personalissimo racconto della quattro giorni di alta moda, condito con tanto di retroscena (spero) divertenti, le immancabili osservazioni o critiche del sottoscritto, le frasi più ironiche o fuori luogo rubate agli altri ospiti e lavoratori presenti. Buona lettura.

La location: Accantonato il complesso di Santo Spirito in Sassia, cornice delle recenti passate edizioni, la kermesse si svolge tra due diverse sedi, vicinissime tra loro: il MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, superbo e avveniristico progetto di Zaha Hadid, e lo Spazio Altaroma, una tensostruttura provvisoria situata davanti all’Auditorium Parco della Musica. Bene: la scelta del MAXXI, il cui avvincente volto contemporaneo si sposa magnificamente con le collezioni dei giovani designer lì accolte, oltre a rappresentare un sensazionale ingresso per stampa e ospiti. Così così: la tensostruttura, soluzione dettata da ovvie esigenze di rapidità, non incontra le simpatie generali, e viene malignamente ribattezzata “Il Circo Nero”, “La tendopoli”, “Il sacco della monnezza”. Assente un punto di ristoro (gratuito) per operatori, fotografi e stampa accreditata, rimpiazzato dal bar del MAXXI stesso (a pagamento). Da sottolineare: la gentilezza e la professionalità del personale del bar citato, per la prima volta alle prese con le bizzarrie del popolo della moda. Il commento rubato: “Ma perché si chiama MAXXI?” “Mbeh, non vedi quanto è grande?” (due fashion victims in coda dietro di me per l’accredito, evidentemente all’oscuro dell’acronimo del museo)

Accademia di Costume e Moda: il Talents 2015 Fashion Show è forse il momento più entusiasmante dell’intera manifestazione: le 10 mini – collezioni presentate dagli altrettanti studenti diplomati alla celebre scuola, che proprio l’anno scorso ha festeggiato i suoi 50 anni di attività, convincono per l’originalità di idee e l’ottima esecuzione. Bene: Nicolas Martin Garcia, il vincitore decretato dalla giuria di esperti, fa il pieno di applausi per il suo défilé Lolito, una collezione uomo colorata, sopra le righe, di travolgente ed efficace ironia. Così così: il lunghissimo discorso di ringraziamento di Marco Mastroianni, responsabile creazione materiali di Louis Vuitton ed ex alunno dell’Accademia, premiato per la sua carriera da Giovanna Gentile Ferragamo, a cui fortunamente verrà poi passato il microfono. Da sottolineare: le raffinate e femminili creazioni di Tommaso Fux, con cui si apre l’evento, frutto della sensibile visione di un designer davvero promettente. Il commento rubato: “Ma quella con quella cofana non potevano metterla in fondo, che seduta lì davanti non si vede niente?” (un tizio della sicurezza sulla presenza della blogger Diane Pernet in prima fila con la sua acconciatura gotica a torre).

Piccione.Piccione: ultimo vincitore, soltanto lo scorso Luglio, del decimo concorso Who is on next?, il progetto di scouting realizzato da AltaRoma in collaborazione con Vogue Italia, il giovane designer Salvatore Piccione presenta in anteprima la sua prossima collezione A/I di prêt – à – portér. Bene: Coerenti, ben strutturati, onirici eppur ugualmente indossabili, gli abiti di Piccione Piccione sono un crescendo di poetiche soluzioni, spesso evidenziate da ricami scintillanti in 3D. Così Così: certi grafisimi insistiti e certi accostamenti cromatici ricordano un po’ troppo lo stile decorativo di Valentino. Più riuscita la prima prova di Luglio. Aspettiamo con ansia la terza. Il commento rubato: “Ma se è lo stilista è solo lui, perché il brand si chiama Piccione.Piccione?” “Aveva cominciato con il fratello!” “Ah, certo, Due Piccioni non potevano chiamarlo, sai le battute!” (la blogger al mio fianco che tenta inutlimente di istruire il compagno in materia).

Daizy Shely: brand nato dalla fantasia dell’israeliana Aliza Shalali Deizy, formatasi a Milano, dove ha tuttora il proprio atelier, e vincitrice insieme a Salvatore Piccione dello scorso Who is on next?, come lui invitata a presentare la sua prossima collezione invernale di ready to wear. Bene: le camicie e i capispalla dalla maniche lievemente scese, coronate da lunghi polsini fiammeggianti trattenuti da grandi fiocchi, che allungano otticamente le braccia ridisegnando così una nuova silhouette. Così così: tanti spunti diversi, non sempre fusi con la dovuta armonia. Troppa carne al fuoco, insomma. Il commento rubato: “A me è piaciuto il top di piume viola sopra la longuette verde” “non faceva troppo uccello del paradiso?” (due giornaliste in vena di eccentricità all’uscita).

Antonio Grimaldi: tra i couturier più talentuosi della sua generazione, poco incline ad eccessi o colpi di teatro, eppure in grado di distinguersi ogni volta per garbo e raffinatezza, Grimaldi dà vita ad una riuscita collezione di alta moda per la prossima primavera/estate. Bene: innegabile e ben presente il concetto di leggerezza che permea l’intero défilé, dalle creazioni eteree e impalpabili, grazie alla maestria di lavorazioni e tessuti quasi evanescenti. Così così: pressoché assente il giorno, introvabili tailleur o pantaloni, sembra che la donna di Grimaldi non badi mai alla praticità ma viva unicamente ricoperta di volants. Il commento rubato: “Ma chi è quella fotografata accanto alla Cucinotta?” “La ex moglie di Raoul Bova!” “Ah…e cosa fa adesso?” “Non saprei…ma per averlo lasciato io le dedicherei comunque una piazza!” (due giornaliste in vena di gossip all’ingresso).

Project149: finalista al concorso Who is on next? del 2014, il duo creativo Monica Mignone ed Elisa Vigilante illustra le sue proposte di ready to wear del prossimo inverno. Bene: una collezione portabile, ben studiati gli abbinamenti cromatici, il mix di tessuti, dosate con cura le stampe. Così così: nel parterre alcune penne autorevoli del giornalismo di moda fatte sedere dietro a blogger ventenni e sconosciuti. Il fuori programma: al termine della sfilata una signora inciampa sulla passerella e cade rovinosamente a terra, dove rimane per alcuni minuti, tra le premure dell’ufficio stampa e la generale indifferenza degli altri ospiti che la scavalcano pur di guadagnare l’uscita.

Quattromani: Altri finalisti di Who is on next?, questa volta nel 2013, Massimo Noli e Nicola Frau portano una loro capsule collection per l’autunno/inverno 2015. Bene: buona la costruzione degli abiti, forme e lunghezze sufficientemente armoniche, azzeccati i tocchi iridescenti. Così così: 40 minuti di ritardo per una sfilata si perdonano solo a Giorgio Armani. Il commento rubato: “Non saprei, mi è sembrata senza un sapore preciso, come un risotto mari e monti” (una giornalista al termine del défilé, forse in preda a un languorino).

Curiel Couture: Storica maison dell’alta moda italiana, di tradizione tutta al femminile, Raffaella Curiel e sua figlia Gigliola scelgono per le proprie creazioni di ispirarsi al folklore del continente asiatico. Bene: i curiellini, i celebri completi da giorno ideati dalla couturier, in versione ancor più sobria e impeccabile, abbinati a divertenti scarpe bicolori. Così così: l’uscita finale con l’abito che riproduce nelle stampe la Canestra Ambrosiana di Caravaggio, fatto sfilare sulle note di Va, Pensiero. Ridondante. Il commento rubato: “Guarda, io voglio molto bene a Raffaella e a Gigliola, ma la collezione, diciamolo, è un po’ antica” (una giornalista che esterna la sua singolare idea di affetto).

Greta Boldini: brand che nel nome esprime la sua ricercatezza, unendo due icone di stile come Greta Garbo e il pittore Giovanni Boldini, dietro cui si cela la creatività dei designer Alexander Flagella e Michela Musco, finalisti a Who is on next? nel 2013. Bene: una collezione rigorosa e sontuosa al tempo stesso, dalla riuscita vocazione sperimentale nella combinazione di tessuti e ricami. Stupefacente il finale, con le modelle congelate in un tableaux vivant di creazioni (foto). Così così: alcuni volumi essenziali, impreziositi da applicazioni, seppur egregi, ricordano certe soluzioni recenti di Prada. Peccato. Il commento rubato: “La passerella è fatta ad U, e me le fai sfilare in diagonale? E io come le riprendo, a zig – zag?” (un cameraman infastidito dalla scelta della regia).

Catherinelle: Attrice, modella, pittrice, ma soprattutto designer di accessori, la bellissima Catrinel Marlon organizza un cocktail party per presentare la sua nuova collezione di borse chiamata Sublime. Bene: l’ispirazione anni ’70 delle forme, la palette cromatica sui toni autunnali, le fodere realizzate in tessuti vintage. Da sottolineare: la cortesia e la disponibilità dell’ufficio stampa che ci fa entrare con mezz’ora di anticipo per gustare la collezione senza il contorno di folla invitata all’evento. Il fuori programma: una nevicata improvvisa piomba sugli ospiti in attesa, dando luogo a una serie di esilaranti scivoloni sui tacchi.

A.I. Artisanal Intelligence. Evento tra i più interessanti della kermesse, per il dialogo tra diverse forme creative, il percorso di questa edizione si snoda tra la pittoresca Villa Poniatowski e la galleria d’arte contemporanea AlbumARTE. Bene: il singolare confronto tra le storiche maglie di Albertina e le creazioni del giovane couturier Gianluca Saitto. Così così: gli abiti originali settecenteschi, esposti senza alcun tipo di protezione dal pubblico, un rischio davvero enorme, da non correre mai. Il commento rubato: “Sì, bello, mi è piaciuto…vabbé, che sta a fa’ la Roma con l’Empoli?” (un fotografo con la testa alle sue priorità calcistiche).

Sono di nuovo in treno, per fare ritorno a casa. Questa è la prima frase che scrivo, a mano, come d’altronde i migliaia di appunti presi in questi giorni. Mi verrà un post lunghissimo, già lo so. Purtroppo lo smartphone non si è più ripreso, sennò vi avrei fotografato la cupola di San Pietro che sto guardando dal finestrino, illuminata dai raggi del sole che finalmente si è deciso ad uscire. Che città magnifica. Colonna sonora ideale: Arrivederci Roma.

Guasti al Pitti

“E’ quasi meglio che stare a Rio”, esclama, con un pizzico di stupore, la mia amica Enrica, che mi trovo ad accompagnare, stordito dall’arrivo di un caldo sahariano, alla sua prima volta, quasi un tour iniziatico, tra gli stand dell’84esima edizione di Pitti Immagine Uomo a Firenze. Come poterle dare torto: inghiottiti dall’eccentrico e coloratissimo popolo della moda, che, puntuale, ogni stagione, accorre nel capoluogo toscano, scenario della più importante fiera mondiale dedicata all’abbigliamento maschile, restiamo a lungo incerti se buttarci a capofitto tra le novità proposte dalle centinaia di collezioni presenti o fermarci in un angolo ad osservare, in bilico tra estasi e perplessità, il look studiatissimo e appariscente di migliaia di addetti ai lavori. In realtà, a parte stranezze e concessioni al cattivo gusto, che di edizione in edizione sembrano superarsi, tutto si svolge secondo un copione più volte collaudato: la canonica fila di un’ora per ritirare, all’apposito bancone, l’accredito alla kermesse tra gli spiacevoli disguidi d’ordinanza (come? non risulto? ma lei sa per chi scrivo io?), i saluti, conditi di smancerie superflue, tra i soliti volti noti del settore (mia cara, come stai? ma da quanto non ci vediamo, tre minuti?), la temperatura a stento sopportabile, che ti costringe a prediligere i settori dove offrono acqua e granite (gratis, quindi sotto assedio), la camicia che col passare del tempo diventa tutt’uno con il tuo torace sudatissimo, le scarpe sempre troppo strette per i tuoi piedi a poco a poco più gonfi (la prossima volta, giuro, vengo in canottiera e ciabatte).

Tutto è eccessivo, ridondante, iperstimolante per i tuoi sensi, sollecitati come sotto l’effetto di una potente droga: difficile svincolarsi dal vortice di chiacchiere, convenevoli e presentazioni in cui rimani invischiato sin dall’ingresso, altrettanto impossibile distogliere lo sguardo dalle vivacità di tinte e dalle stampe abbaglianti dei capi esposti (unica certezza: la prossima primavera/estate dovremmo vestirci colorati come vaschette di gelati alla frutta), o riuscire ad arrivare puntuale all’evento in programma che ti interessava, senza essere risucchiato dalle centinaia di distrazioni e tentazioni che la fiera, come in un gigantesco luna park della moda, pare offrirti ad ogni angolo. Perché può capitarti di tutto: di ritrovarti per caso, ad esempio, ad assistere ad una strabiliante performance di Skin degli Skunk Anansie (dal vivo minuta e bellissima) che si esibisce come dee-jay improvvisando una discoteca sotto il sole cocente. Oppure incontrare per l’ennesima volta Scott Schuman, di cui c’eravamo occupati un paio di post fa (http://www.tempiguasti.it/?p=1128), appostato all’ombra ad intercettare soggetti interessanti per il suo blog, che ti soffia la palma di peggio vestito della manifestazione (superando la mia mise da boscaiolo canadese) dato che la sua banalissima t- shirt blu e i suoi bermuda kaki rivelano una muscolatura eccessiva per la sua altezza modesta. Infine scovare del bello dove meno te lo aspetti: esattamente nel Padiglione dedicato alla nazione ospite di quest’anno, la Turchia, che mettendo in mostra capi di un gusto e di una tradizione sartoriale lontani dai canoni di eleganza occidentale, indica una via diversa in cui poter far coesistere sperimentazione e raffinatezza. Assumendo quasi le forme del doveroso riscatto culturale di un paese alle prese, nel frattempo, con uno dei momenti più difficili della sua storia politica. Perché la moda, per fortuna, è anche questo.