Sfide di moda

Valeria Golino sfida la moda con Greenpeace – YouTube.

La vicenda suona un po’ come una figuraccia. O meglio, come un’occasione sprecata per tutta l’industria della moda di svincolarsi finalmente da quell’immagine di superficialità con cui troppo spesso e troppo frettolosamente si è soliti etichettare l’intero fashion system. Perchè va detto una volta per tutte: non basta ribadire che la moda in realtà è una disciplina serissima, e l’occuparsene quotidianamente con (sempre più rara) professionalità, per quanto poi talvolta si concretizzi in articoli raccapriccianti del tipo “sì al tacco alto per la prossima stagione” o “il trend del giorno: graziosi abitini”, richiede invece un impegno assiduo, competenza, cultura. Non è neanche sufficiente sottolineare che si tratta pur sempre di una delle voci trainanti dell’economia nazionale, che il settore dell’abbigliamento impiega decine di migliaia di persone solo nel nostro Paese, che il Made in Italy infine rappresenta uno dei nostri pochi motivi di vanto nel mondo, dato che all’estero siamo sempre e solo riconosciuti nel migliore dei casi per il cibo e l’arte, nel peggiore per la mafia e per qualche politico pagliaccio. Fatto sta che per pregiudizio, snobismo, finto moralismo, la moda con tutti gli annessi e connessi, incluso il variegato universo professionale che le ruota intorno, sarà sempre tacciata di futilità. Per carità, i problemi del mondo sono altri: chi, come me, da anni affronta la dura gavetta per trasformare la propria passione per la moda in un “vero” lavoro si rende benissimo conto che svegliarsi al mattino e occuparsi di abiti è un privilegio, ci mancherebbe. Ma paternali sull’importanza e la serietà della scelta del proprio mestiere sono disposto ad accettarle solo da chi per professione salva ogni giorno vite umane. Per il resto siamo tutti sullo stesso piano: o no? Chiarito ciò, è pur vero che nel 2013, quando ormai da decenni facciamo i conti con continue problematiche ambientali e un minimo di coscienza ecologica dovrebbe essere sorta in ciascuno di noi senza dover ricorrere a continue battaglie promosse dalle numerose campagne di informazione e sensibilizzazione per la salvaguardia del nostro pianeta, stupiscono e in parte deludono i risultati della sfida al mondo della moda lanciata da Greenpeace proprio in questi giorni (http://it.thefashionduel.com/). Si tratta dell’ennesimo appello, riassunto in un spot d’impatto diretto da Anna Negri con l’attrice Valeria Golino (sempre bellissima) come testimonial (video allegato), che la più famosa associazione di tutela dell’ambiente ha lanciato a quindici importanti fashion brand italiani e francesi (tra cui Prada, Dolce & Gabbana, Chanel) attraverso un questionario di venticinque (scomode) domande per testare l’impegno dei suddetti marchi a proteggere e a rispettare habitat e materie prime nella produzione delle loro collezioni. Veniamo così a sapere che l’unica maison promossa, quella cioè che al momento attua un’efficace politica produttiva di salvaguardia ambientale contro il pericolo di deforestazione e di inquinamento da sostanze tossiche è Valentino (lode). E le altre? Un disastro: molti i brand che si sono rifiutati di rispondere, insufficienti, a volte drammaticamente, le misure adottate dai rimanenti. In sostanza, un’opportunità gettata via per un concreto rilancio dell’immagine della moda del mondo, che poteva invece significativamente contribuire a rafforzare l’idea della serietà e dell’importanza dell’industria stessa. E dare finalmente all’odiosa parola “lusso” quella sfumatura etica che ancora le manca.