Eleganza di plastica

Barbie™ in Princess Power – Movie Trailer (English HD) – YouTube.

Qualcuno però avrebbe potuto avvertirmi, santiddio, come si spiega che certe fondamentali rivoluzioni avvengano proprio lì, sotto il mio naso, e io me ne renda conto invece solo dopo qualche tempo, magari anche anni, rimanendo così in balìa di quella sgradevole sensazione che il mondo si stia trasformando a poco a poco in un posto da cui rimarrò inesorabilmente escluso? Perché se c’è una frase che più di altre detesto sentirmi rivolgere è quel “ma come, non lo sapevi?” pronunciato poi con il tono mellifluo e irritante di chi ti spiattella in faccia tutta la presunzione di saperne più di te, che vai anche vantando un’ipotetica pseudocultura da blogger, ruolo che in teoria ti richiederebbe quel costante e necessario aggiornamento su tutte le possibili sfumature dello scibile umano. E invece poi basta ritrovarsi in una movimentata festa di compleanno, mentre ti sforzi di recuperare in testa i nomi degli altri invitati appena conosciuti e che la tua memoria ha già rimosso, sperando che almeno stavolta la forchettina di plastica non si spezzi al primo incontro con la torta millefoglie, e loro, quei tre, quattro bambini presenti, rumorosi quanto un esercito errante, provano d’un tratto a coinvolgerti nei loro frenetici giochi, mettendoti tra le mani un minuscolo pezzetto di plastica, di difficile identificazione. “E’ la cacca di Tanner, il cane di Barbie. Non la perdere” “Come dici, scusa?” replico io, “Sì, è la cacca di Tanner, non è cacca vera, poi gli va rimessa, non la perdere che Emma ne ha già persa una”. Sorpreso, forse sbigottito, lievemente disgustato, vado alla ricerca della mia amica Chiara, madre dell’esserino che mi ha improvvisamente illuminato sull’esistenza del cane spara – popò, ancora parzialmente conservata nel mio pugno come il più prezioso degli oggetti. “Tu conosci e acquisti questa roba e non mi dici niente?” faccio io, “Guarda che è famosa, hanno fatto anche Barbie con il secchio per raccoglierla” “e come, con un sacchettino di plastica rosa?” “no, Barbie è sempre elegante, ha il bastone!”. Barbie è sempre elegante, è questo il punto. Che abbia turbato le vostre infanzie con l’impossibile desiderio di identificazione nel corpo di una mini-sventolona bionda dalle tette sempre sode e dalle gambe chilometriche e appena snodabili, che abbia per sempre compromesso il vostro buongusto in maniera di arredamento con un’improbabile mobilia rosa e asettica che avete sognato nelle vostre stesse case per decenni, che vi abbia illuso con il miraggio del ricorrere alla mise adatta e un po’ civettuola per diventare automaticamente astronauta, regina delle nevi, primario o presidente di una nazione, Barbie è un’icona indiscutibile di stile. Anche quando il crescente senso civico impone che provveda a recuperare i bisogni sbadatamente lasciati in giro dal proprio cane. Anche quando la tamarraggine imperante nei costumi ha offuscato la sua fama in favore di nuovi idoli di plastica, inquietanti, ipertruccati o malvestiti, lei è lì, da oltre 50 anni a ricordarci cos’è la vera raffinatezza. Anche adesso che la Mattel, proprio in questi giorni, durante la Toy Fair di Norimberga, ha lanciato in pompa magna la sua ultima creatura, la nuova Barbie Princess Power, una supereroina dalla doppia identità in lotta contro i malvagi, personaggio naturalmente accompagnato dall’uscita di un film di animazione (video allegato) e da un numero forse infinito di gadgets coordinati (operazione a cui siamo del resto abituati), non viene mai meno quella dimensione di irraggiungibile signorilità: una volta tolta la mascherina, come ogni supereroe che si rispetti, Barbie torna alla sua vita ordinaria, quella di una bella e giovane principessa che abita in un castello. Chissà se anche stavolta porterà in giro da sola i suoi nobili cani.

Farsi Furby?

▶ Furby – Official Demo by Hasbro – YouTube.

Evidentemente qualcuno ne sentiva la mancanza. Io, in tutta sincerità, ne ricordavo a stento l’esistenza. Tra l’altro, non l’ho mai trovato neppure troppo simpatico: nonostante il corpicino tondeggiante quasi per intero ricoperto da batuffoli di peli coloratissimi, non mi ha mai suscitato la benché minima tenerezza, né lo descriverei esattamente come un pupazzetto buffo o grazioso. Anzi, direi che l’aggettivo che più gli si addice è inquietante, forse a causa di quella sua vaga somiglianza con i Gremlins, i terribili animaletti protagonisti dell’omonimo film del 1984, che bisognava guardarsi dal bagnare o sfamare dopo la mezzanotte, pena trasformarsi in odiosi mostriciattoli, colpevoli peraltro di aver traumatizzato molte infanzie, a cominciare dalla mia. Ma, parafrasando Oscar Wilde, che sosteneva di sentirsi in torto quando trovava qualcun altro d’accordo con le proprie idee, sono felice che la mia voce si levi quasi isolata contro il successo che sta riscuotendo, a 15 anni di distanza dalla sua prima uscita, Furby, l’electronic pet, (cioè la bestiolina domestica artificiale) della Hasbro “più venduto al mondo” (così pare). Un giocattolone interattivo, per bambini e non solo, che nella sua nuova versione, lanciata sul mercato pochi mesi fa, ha già piazzato circa 5 milioni di esemplari in tutto il mondo, che si vanno ad aggiungere agli oltre 40 già disseminati sul pianeta dal 1998. Una vera e propria (e discutibile?) invasione. Motivata dalle formidabili qualità possedute dall’edizione riveduta e aggiornata del nostro pupazzetto intelligente (video allegato), a cominciare da un accurato restyling nell’aspetto, che l’ha letteralmente privato di quel paio di occhioni pallati, da ipertiroideo, che gli donavano uno sguardo vitreo, un po’ alla Mara Carfagna, stavolta degnamente sostituiti da due piccoli display retroattivi a Led schiaffati al posto delle pupille. Più interessante notare, come se non fossimo già abbastanza schiavi di tanta inutile tecnologia, che il tenero cuccioletto è in grado di sviluppare una propria, più o meno antipatica, personalità, sulla base delle attenzioni ricevute; vale a dire, che se non adeguatamente nutrito, coccolato, viziato, vi ritroverete tra le mani una creaturina per la quale avrete speso 75 euro (prezzo medio al pubblico), che proprio non ne vuole sapere di obbedirvi o di darvi le tanto affettuose risposte che desiderate. Sempre che non abbiate l’incontenibile voglia di imparare il furbish, la lingua composta da centinaia di misteriosi grugniti e borbottii, un mix di cinese, antico ebraico ed inglese con la quale, anche nei momenti meno opportuni (la notte, ad esempio) l’animaletto robotico tende ad esprimersi. Certo, è anche in grado di apprendere l’italiano: può infatti arrivare a ripetere fino a 800 frasi di qualsiasi altra lingua, che gli vanno dapprima, naturalmente ed amorevolmente, insegnate. Uno stress, insomma. Però, tutti coloro che sono già corsi con tempismo e avvedutezza ad acquistarlo (come biasimarli) sono concordi nel garantire e sottolineare la sua maggiore naturalezza di movenze e comportamenti, grazie anche all’esistenza di una specifica app per IPhone, IPad e Android tramite la quale diventa possibile nutrirlo, addestrarlo, addormentarlo. Prerogativa di cui molte celebrities, per nulla avvezze a comparire negli spot prima di adesso, hanno deciso di metterci finalmente la faccia per confermarne qualità e divertimento. Tra queste vale la pena di ricordare: Federica Pellegrini (già testimonial in passato di Pavesini ed Enel) Filippa Lagerback (Daygum Protex) Melissa Satta (Peugeot 207 Sweet Years) Alessia Marcuzzi (Activia di Danone). E se non riescono a convincervi neanche loro, di certo a poco serviranno i miei post così carichi di sincero apprezzamento.