Ci aspetta una settimana impegnativa. Oddio, non che quella che si è da poco conclusa sia stata una passeggiata di salute. Voglio dire: abbiamo scoperto che perfino un Papa, quando si sente sovrastato dagli acciacchi e dalla gravità dei suoi compiti, può tranquillamente indietreggiare e decidere, come un qualsiasi concorrente a un quiz televisivo “No, grazie, non me la sento di andare avanti, mollo qui”. E non mi venite a fare gli esperti di diritto canonico, perché a parte quella categoria disgraziata di giornalisti chiamati “vaticanisti” che trascorrono le giornate in Piazza S. Pietro ad intervistare suore velate di ogni colore (ma quanti ordini esistono?), pochi erano a conoscenza che il pontefice potesse a un tratto alzare bandiera, rigorosamente bianca. Ad essere proprio sinceri, nessun’altra sua scelta aveva così giovato alla sua immagine: perché negli anni del suo breve pontificato, vuoi per l’intransigenza di certe sue frasi (dette poi con la durezza dell’accento tedesco, che non aiuta), vuoi per quei cappellini demodé e per le scarpine griffate Prada, vuoi per l’assenza di un sorriso bonario che invece possedeva Wojtyla, Benedetto XVI non si è mai particolarmente distinto per simpatia, come il recente (e spesso divertente) massacro mediatico su Twitter ha dimostrato. Adesso che va via, tutti a sottolineare l’umanità, il coraggio e l’umiltà di una una simile decisione: tranne quella minoranza di soliti maligni, fautori delle dietrologie, avvezzi a vomitare cattiverie sui propri blog (e quindi già condannati all’inferno) che continuano a intravedere, tra le parole della sua rinuncia, una mossa abilmente furba. Che altro? Ah, sì, niente di grave. Il nostro pianeta è stato solo sfiorato dal passaggio di un asteroide dal nome che ricorda un colorante per sciroppi (2012 DA14) e colpito da una pioggia di cristalli di meteorite, in una zona sperduta della Russia (alzi la mano chi sognava una destinazione diversa, diciamo a sfondo politico). Una di quelle notizie che rasserenano insomma, che al minimo rumore proveniente dal cielo, magari un aquilone o un gabbiano, ti fa individuare subito, nel raggio di un km, il muro più vicino sotto cui ripararti perché, francamente, ritrovarti folgorato da un corpo celeste non è proprio la fine che ti auguri. Tralasciando infine l’altra notizia sorprendente, la recente vittoria a Sanremo di un cantante non uscito dalla scuderia della De Filippi (posso confessare che la canzone di Annalisa però mi piace più di quella di Mengoni?), torniamo a noi, a quello cioè che più ci terrà occupata la mente nei prossimi giorni: le elezioni. Lungi da me il voler ribadire le mie simpatie (o antipatie) politiche, tanto, basta dare uno sguardo veloce ai miei post passati per capire chi vorrei ci liberasse definitivamente dalla vacuità di certe promesse tarocche come il suo aspetto. La mia intenzione era invece quella di riflettere insieme su uno studio made in Usa che mi era parso particolarmente appropriato al clima nazionale, pubblicato soltanto il mese scorso sull’autorevole rivista scientifica Social Cognitive and Affective Neuroscience (http://scan.oxfordjournals.org/content/early/2013/01/11/scan.nst004.abstract?sid=aa92a16d-28a2-47b3-82f9-d74c3de7be84). Ve lo riassumo: in prossimità di una decisione importante, se siamo ancora afflitti da dubbi (e chi più di noi italiani in questo momento pre elettorale?) e non siamo minimamente in grado di stabilire quale sia il piano migliore, conviene pensare ad altro. Semplicemente distrarsi: sono sufficienti due minuti, 120 brevi secondi in cui tener occupato il cervello in altre attività, anche banali, ed ecco che, quasi magicamente, torniamo lucidi e pienamente preparati alla scelta che stiamo per compiere. Possibile? Non saprei. Ma tanto vale provare: specialmente se, come me, ormai siete asseufatti dal controllare compulsivamente ogni due minuti e.mail, Facebook, WhatsApp e quant’altro, conviene continuare a farlo anche negli istanti che precedono la sospirata entrata in cabina con schede e matita copiativa. Anche se siete tentati di rinunciare, un po’ come il Papa. O speranzosi nella mira del prossimo meteorite.