Mia cara Miss…

Miss Dior – The new film (Official Director’s Cut) – YouTube.

E pensare che in Francia le associazioni femministe avevano impiegato più di un anno, tra appelli, ricorsi e battaglie legali, per riuscire nel 2012 ad abolire, almeno nei documenti amministrativi, l’uso del termine mademoiselle, signorina appunto, giudicato intrusivo nella vita privata delle donne (probabilmente stufe di rispondere al quesito “sposata?” ai funzionari statali come alle conoscenti più ficcanaso)  e soprattutto discriminatorio nei loro confronti (un corrispettivo maschile per indicare un uomo senza anello al dito non esiste in alcuna lingua burocratica). Fiato sprecato: a rispolverare inaspettatamente l’importanza della frase “sono signorina”, che qui in Italia ricorda piuttosto il riuscito tormentone di uno dei personaggi storici di Anna Marchesini, l’indimenticabile Sig.na Carlo, è il nuovissimo spot di un profumo, di quelli da cui siamo assediati ogni ora in tv e al cinema nel periodo pre – San Valentino, firmato da una maison che poi francese lo è altrettanto, anzi, è forse l’emblema planetario della storica eleganza d’oltralpe, Dior. Ma che, probabilmente attenta a non riaizzare il fuoco delle polemiche al riguardo in patria, ha visto bene di far pronunciare alla splendida protagonista del cortometraggio, la ex bambina prodigio del cinema Natalie Portman, la frase clou della sceneggiatura in inglese, “it’s miss, actually” (“sarei ancora signorina, per diamine!”), in risposta a quello screanzato di un inserviente che, incaricato di portarle il bouquet da sposa, si permette di apostrofarla, per ben due volte, con il poco gradito titolo di madame. Lasciandoci così presagire il seguito della storia, che il volto pressoché perfetto ma angosciato della stessa Portman ci aveva già suggerito in tutte le altre cupe inquadrature in bianco e nero di cui è costellato il medesimo spot: che lei no, a pronunciare quel fatidico e vincolante “sì” proprio non ci vuole andare, che il padre la sta di sicuro obbligando/ricattando, che le amiche/damigelle sono all’oscuro del suo cuore palpitante in segreto per qualcun altro e via discorrendo (e se poi volete leggerci anche una gravidanza indesiderata in quel suo accarezzare sospettosamente il pancino sopra l’abito candido, fate pure). Nessun colpo di scena quindi, quando dopo i sospiri e le esitazioni che scandiscono il suo passaggio tra gli invitati, la promessa sposa ci ripensa e torna indietro di corsa, mollando proprio lì, sotto gli occhi di tutti, il quasi marito che evidentemente un colpo di testa simile un po’ se lo aspettava (non si volta neanche, che so, a cercare di trattenerla o anche solo a insultarla), mentre la fanciulla, finalmente libera da un simile fardello, abbandona, in ordine, paparino incredulo, scarpe griffate, abito rigonfio gettato lì fra olivi e asparagi, rimanendo infine con addosso un più pratico tubino nero, che si sa, torna utile in ogni occasione, soprattutto quando si è appena scaricato qualcuno sull’altare. Raggiungendo quindi, tra la presenza incomprensibile delle note più celebri di Janis Joplin, quelle di Piece of my heart, una scogliera pittoresca dove, guarda caso, a prelevarla con un apposito elicottero ci penserà il vero amato, fino ad allora avvolto nel mistero (a dire il vero anche in seguito, perché ne inquadreranno solo un pezzo di mento), il quale provvede naturalmente anche a lanciarle scaletta e petali (immancabili del resto in ogni veivolo che si rispetti) perché raggiungano insieme la meta romantica della loro appassionante fuga, Parigi (evviva l’originalità). Dove, mia cara miss, nonostante la tua intrepida e avventurosa performance, nonostante tutti i tuoi sforzi per sottolineare il tuo caratterino indipendente così come la tua natura recalcitrante ad ogni tipo impegno matrimoniale, mi spiace dirtelo, ma chiunque, per legge, che tu lo voglia oppure no, sarà comunque tenuto a darti della “signora” (o madame, se preferisci).

Doppio stop per la top

Conosco fanciulle che l’hanno fatto sul serio. Ragazze, non sempre giovanissime, che, confidando maggiormente nella saggezza popolare più che in un minimo di buon senso, hanno verificato alla lettera se il proprio seno rientrasse nella misura perfetta richiesta dalla “coppa di champagne”. Dimensione ideale che, secondo la tradizione, risalirebbe addirittura alla sfortunata e spendacciona sovrana francese Maria Antonietta, scomodata inutilmente, suo malgrado, per la seconda volta dopo la più nota (e altrettanto falsa) storia delle brioches. Per fortuna, nel caso di noi maschietti, non esiste una leggenda che racconti di un equivalente contenitore di vetro, che so, un calice o forse meglio un flute, sennò, abituati a gareggiare sin dai tempi delle famose docce negli spogliatoi delle scuole, ne avremmo combinati di disastri. Volgarità e doppi sensi a parte (il blogger è malizioso, si sa), dopo esserci occupati da poco di chirurgia estetica (http://www.tempiguasti.it/?p=1187), ritocchini e ovviamente di sovrabbondanza di décolletés (nel senso di seni sospettosamente extralarge, non di collezioni esorbitanti di scarpe)  ecco che proprio questi giorni è scoppiato un piccolo caso intorno alla curiosa vicenda della top model britannica Jourdan Dunn. La quale, a suo dire, sarebbe stata cancellata all’ultimo minuto dalla sfilata di alta moda di Christian Dior, in programma proprio ieri nel calendario della couture parigina, a causa delle dimensioni, ritenute “eccessive”, del suo seno  (http://www.vogue.co.uk/news/2013/07/02/jourdan-dunn-cancelled-from-dior-couture-show). Ora, premesso che la signorina in questione non è esattamente Serena Grandi (piccola parentesi al riguardo: ne La grande bellezza di Sorrentino la Grandi compare in un cameo interessante…ma non è sembrata anche a voi meno popputa del solito?), che puntuale da anni, durante le settimane della moda, riparte la solita solfa sulle modelle troppo piccole, troppo piatte, troppo magre (che poi sono l’80%), e che una storia del genere potrebbe farci gridare allo scandalo e ovviamente solidarizzare con la povera mannequin scaricata dallo show, l’episodio però, sotto sotto, puzza fin troppo di abile mossa pubblicitaria. Jourdan Dunn è infatti una giovane top model di colore (classe 1990) dalle quotazioni in ascesa, dalle rispettabilissime misure, tutt’altro che giunoniche (83 – 60 – 89 per un 1.78 di altezza, un’acciuga), che da 5 – 6 anni magazine e agenzie ci propinano ostinatamente come la presunta erede di Naomi Campbell. Senza successo. Perché non è bastato farla sfilare, solo l’anno scorso, accanto alla più nota (e più agée) Venere Nera e allo scultoreo David Gandy (c’eravamo già occupati anche di lui, http://www.tempiguasti.it/?p=1021) in occasione delle ultime Olimpiadi di Londra (foto allegata), con un vistoso (e di dubbio gusto) copricapo dorato. Macché: il giorno dopo, la Dunn veniva ricordata, in tutto il mondo, come la sconosciuta con il gallo cedrone in testa. Stavolta allora ci ha riprovato: twittando lei stessa, con un pizzico di ironia (questo almeno le va riconosciuto) il presunto “licenziamento” ad opera della maison Dior: “ahahhahhahah, sono stata cancellata da Dior a causa delle mie tette” ha cinguettato proprio ieri la bella inglesina, “di solito succede perché sono nera”. Zero originalità anche in questo: le medesime accuse di razzismo al dorato mondo della moda le aveva già mosse, più o meno 25 anni fa, la stessa Naomi. Toccherà inventarti qualcos’altro, cara Jourdan, per far partire come si deve questa carriera. Meglio se con un po’ più di vento in poppa.