Si può accusarla di tutto. Di essere, ad esempio, una vera e propria cantante sui generis, una riconosciuta anomalia apparsa da tempo sulla scena musicale, forse addirittura l’unica artista capace di costruire una delle carriere più redditizie e longeve che si ricordino, senza aver mai posseduto una voce particolarmente incantevole o memorabile. Di essere poi riuscita a colmare le sue scarse doti canore a suon di scandali e di altri criticabili espedienti mediatici, di essersi ogni volta ingegnata a trovare il modo giusto per far parlare continuamente di se’, per essere ricordata come rivoluzionaria e trasgressiva icona sexy, per non sparire dalle pagine dei giornali sopraffatta dall’avvento e dal fascino di nuove e più talentuose star. Di non essere stata in grado di domare quell’irrisolto tormento artistico chiamato grande schermo, di aver più volte fallito al cinema inanellando una serie da guinnes di pellicole insignificanti, brutte oppure rivelatesi poi catastrofici flop al botteghino. Di non sapere arrendersi infine agli anni che passano inesorabili, ostinandosi, a un’età in cui le cantanti in Italia pubblicizzano ormai prodotti contro l’irritabilità e le vampate da menopausa, a rivendere la propria immagine come quella di un’eterna e a tratti ridicola teenager più che di una sofisticata (e ahimé ritoccata) cinquantenne. Ma non si può negare che quello dell’indiscussa regina del pop Madonna (nel caso non fosse ancora chiaro parliamo di lei) con la moda sia un rapporto privilegiato, in quanto, ogni minima tendenza passata, anche per caso, tra le sue mani, diventa subito fenomeno da esportare, trend da imitare, diktat da seguire. Una mostra di alcuni suoi storici abiti di scena perciò, come quella che si è tenuta pochi giorni fa da Macy’s a Los Angeles, (http://www.ansa.it/web/notizie/collection/videogallery_spettacolo/04/27/Angeles-mostra-Material-Girl_8620218.html) aveva tutta la possibilità di trasformarsi in una ghiotta occasione per celebrare e ripercorrere i trenta anni di un’attività, come poche altre nello show business, basata sul look e sul trasformismo. Peccato che le (poche) vetrine, in cui si trovavano allestiti alcuni suoi costumi indimenticabili, come il corsetto con i seni a cono creato da Jean Paul Gaultier nel 1990 o l’abito da sposa indossato agli MTV Music Award del 1984 (foto allegata) siano servite solo per fare da sfondo alla presentazione della linea di abbigliamento Material Girl (chiamarla in un altro modo?) disegnata (così pare) dalla figlia della popstar, la sedicenne Lourdes Leòn. Evento per altro a cui la signora Ciccone non si è neanche degnata di partecipare. E che assume quindi tutti i contorni di una sbrigativa, insulsa e superflua operazione di marketing. Che siamo disposti a giustificare solo pensando che “ogni scaraffone è bello a mamma soja” e che lo scaraffone in questione necessitava dell’aiuto di mammà, diva mondiale, ma forse, come tante altre mamme, incapace di dire di no alla progenie.
manco da pochi giorni dal tuo blog e tu apri la fiera dell’eufemismo? hehehe… però ho apprezzato la tua acidità anche su colei che tutti accontenta.. ieri sera ero a Bologna e ho riso tutta sera con una compagnia di gay, etero, trans, coppiette novelle, coppia con bimbo di pochi mesi… tante ghignate tutte in una volta era tempo che non le facevo, ma una sola cosa, unico neo della serata, ha messo tutti d’accordo: un’adorazione cicconiana sconsiderata melassosa e per me un po’ pesante dinnanzi alla quale tutti erano in accorata unione uniti.
poi tu mi dici che a me piacciono gli sconosciuti………..
Che a te piacciano gli sconosciuti è più che appurato…poi, non si sa mosso da quale impulso, presenzi al concerto di colei che tutti adorano e che tu fai finta di snobbare…quando, in gioventù, probabilmente, eri anche tu tutto pizzi e crocifissi (non ho le prove, ma posso dedurlo)…davvero, sei sparito per qualche giorno, ero quasi in pensiero…ponte lungo a lavoro???