▶ Il Volo – Grande amore – YouTube.
Dopotutto c’era da aspettarselo, data la disarmante prevedibilità con cui anche il telespettatore più sprovveduto sarebbe in grado di pronosticare il vincitore di Sanremo alla prima standing ovation del pubblico presente all’Ariston. E lo scrivo senza voler polemizzare con il già bersagliato meccanismo del televoto (che, a onor del vero, avrebbe ribaltato la classifica finale dove spadroneggiava Nek) o senza voler sminuire il talento indiscutibile dei giovanissimi trionfatori del 65esimo Festival della canzone italiana. Però diciamolo francamente: lo stile e la presenza de Il Volo (tanto per citare con esattezza il nome del gruppo musicale formato dai tre fanciulli) profumano subito e irrimediabilmente di vecchio. Non tanto per il tentativo forse apprezzabile di voler diversificare anche nell’immagine i suoi singoli componenti, assegnando loro un determinato ruolo (il piacione, il precisino, il pacioccone) da interpretare poi sul palco. Quanto perché la sua scontatissima vittoria non fa altro che irrobustire la solita, insulsa, immagine stereotipata e superata con cui il nostro Paese continua ad essere dipinto e incomprensibilmente amato all’estero: buon cibo e bel canto. Quella tradizione canora melensa e datata però (accompagnata poi da tutto lo stucchevole repertorio di moine e sguardi affettati), che non coincide ormai più da decenni – e sarebbe il caso di avvertire prima o poi gli stranieri anche di questo – con i reali e attuali gusti musicali degli italiani, che non tiene minimamente conto degli artisti davvero più ammirati e seguiti in patria, che supera addirittura il concetto stesso di nazionalpopolare, di cui Sanremo è, per carità, l’espressione mediatica più naturale, anche se il Festival una qualche sfumatura più rappresentativa del nostro variegato panorama artistico riesce ancora a incarnarla. Anche se poi ci propina la reunion di Romina e Al Bano – risvegliando le nostalgiche romanticherie delle coppie più agées – anche se manda in onda Conchita Wurst solo dopo la mezzanotte per il timore che una donna con la barba possa turbare i sonni dei bambini (già traumatizzati dalla scoperta che mamma e papà possano in teoria donar loro una quindicina tra fratelli e sorelle, come nel caso della superfamiglia ospitata la prima sera), ogni genere musicale però, dal melodico – pop al rap passando per la canzoncina stupida e irriverente (ce n’è una ogni anno), viene, più o meno degnamente, rappresentato. Compreso quello, non certo originalissimo, de Il Volo: che possiede invero tutto il sapore posticcio di un prodotto preconfezionato e fin troppo studiato per il solo mercato estero (non a caso il loro manager è quel Michele Torpedine, già fautore del successo riscosso quasi per intero fuori dai nostri confini da Andrea Bocelli). Dove, questo va precisato, i tre piccoli fenomeni, finalmente più maturi ed esteticamente più gradevoli rispetto a quando andavano gorgheggiando brani di Claudio Villa o di Massimo Ranieri nella trasmissione Rai Ti lascio una canzone che li ha lanciati (quella con la Clerici in vestitoni improbabili circondata da baby – cantanti dalla voce adulta), hanno già raggiunto obiettivi impressionanti per la loro giovane età: esibizioni applauditissime ai quattro angoli del mondo, duetti con mostri sacri della musica internazionale (da Placido Domingo a Barbra Streisand), ospitate in talk show da ascolti record (intendo il Tonight show di Jay Leno, non di certo Porta a Porta che ogni tanto si preoccupa di invitarli), concerti che hanno registrato il tutto esaurito in luoghi sacri come il Radio City Music Hall di New York. Basterà questo a garantire loro il raggiungimento della medesima fama anche qui in Italia? Dubito. Perché noi, al contrario della romantica ma distante concezione che in terra russa o americana paiono tutt’oggi possedere al riguardo, abbiamo fortunatamente una visione più complessa, concreta, disillusa della nostra sfaccettata realtà da tradurre in musica. Perché l’Italia vista da dentro è molto più affascinante ed enigmatica di quel cliché attardato, tutto pizza, mandolino e O’ sole mio che Il Volo si ostina ancora a voler esportare. Perché consapevoli delle magnifiche contraddizioni e della costante incertezza del nostro Bel Paese, al Grande Amore da urlare a perdifiato preferiamo di gran lunga quei “silenzi per cena” sussurati con l’apparecchio per i denti da Malika Ayane.
Aspetta aspetta, in Italia però sono anche stati molto apprezzati dalla giovanissima platea del Senato, dove hanno cantato per il concerto di Natale
https://www.youtube.com/watch?v=e_unkmCKggU
tanto per ribadire come i nostri politici siano vicini a noi
Ah, beh, certo, è sono stati tanto lodati anche dal nostro ex Presidente della Repubblica Napolitano, che, si sa, in quanto a comprensione di qualsiasi fenomeno accaduto nel proprio Paese c’ha sempre preso in pieno (deve essere una questione di esperienza, credo)!
Ovvia, via, qualcuno che la pensa come me…
Appena ho saputo chi erano i partecipanti al Festival ho pensato e detto che “Il volo” avrebbe vinto. Era troppo facile e prevedibile….
Non ti scrivo chi era il mio preferito, perché lo sai, e così evito di fare la solita figuraccia, quando esprimo la mia opinione in merito…
A me ha entusiasmato tantissimo anche Caccamo…
Con questo ti abbraccio e ci sentiamo al prossimo post…
Credo, tra l’altro, che siamo in diversi a pensarla così…anzi, ripensandoci, non ho mai sentito nessuno che mi abbia detto “a me Il Volo piace/è piaciuto tanto!”…il tuo preferito? beh, sì, una mezza idea ce l’avrei…vediamo se l’azzecco: vive vicino casa mia? (l’ho incontrato per l’appunto ieri sera, eravamo nello stesso ristorante)! Caccamo sembra interessante sì, un po’ troppo immagine da bravo ragazzo, ma non mi dispiace! A presto
solitamente al festival almeno una canzone con un minimo di profondità o un guizzo di vita esente da cuore-amore c’è.. ma questa volta è tabula rasa. nessun rumore subsonico, nessun tubo, neanche una storia tesa.. solo dentiere e pancere. nek che fa una cover, grignani pop ma con performance agghiacciante dal vivo, kekko(ioni) che sparacchia ovvietà dai testi imbarazzanti (“Disegna una finestra tra le stelle da dividere col cielo” !!!!!!!!!!!!!), i tre secchioncelli che fanno faccette copiaincolla dalla d’urso. insomma desolante…
effettivamente l’apparecchio (anche se la canzone, caruccia, è quasi una copia del repertorio Lana Del Rey), lo stupefacente di Arisa e l’ironia di Mauro Coruzzi sono stati gli unici guizzi. ah no, dimenticavo la direzione dell’orchestra, l’assolo e la partitura scritta da Roy Paci per i soliti idioti, magistrale il trombettista siculo, ma le voci del duo comico… beh va beh..
Fammi capire, ma tu non eri quello che il festival fino a qualche anno fa un po’ me lo snobbava? Com’è che allora qui trovo un’analisi lucida e puntuale di tutto quello che è accaduto dalla prima all’ultima sera? A proposito di cover di Nek, la sua versione di “Se telefonando” a me non è dispiaciuta…così come ho apprezzato, oltre ad Arisa (spontanea, ironica, una rivelazione come valletta) anche Bianca Atzei…intensa ed elegante…ma da dove mi è uscita? perché non la conoscevo? no, perché anche nel suo caso, se cerco su internet, mi sbuca sempre fuori Kekko dei Modà, che tollero fino a un certo punto…ma perché? (e allora dimmelo, dimmelo, dimmelo…)
mai snobbato sanremo, solo il 99% delle sue nenie… ma il nemico devi conoscerlo per combatterlo meglio!!!
io ho guardato poco (nessun ospite, troppo tardi, poco la gara, la serata più seguita è stata proprio quella delle cover, vorrà dire qualcosa eh?) ma in quel poco ho fortunosamente centrato alcuni dei punti salienti… parlando di eleganza, la atzei si potrebbe definire, visti i risultati della tua ricerca, sotto il vestito niente ovvero kekko… mi sa che le sue trasparenze (molto belle devo ammettere) ti abbiano oltremodo ipnotizzato. poi c’erano degli abiti a dir poco sontuosi che giravano su un manico di scopa (pardon, di mocio) rigido e gocciolante.. Carneade, chi era costei?? e poi il buzzo dell’immondizia.. poverella, biondina e paffutella con quell’andatura da orca di shrek…. saggia decisione tornare a cantare…
è lunedì, non si può pretendere pietà…
Gli abiti della Atzei, tu che sicuramente mi tieni di gran conto questi dettagli, erano di quell’immenso talento che risponde al nome di Antonio Marras…dici che sto sopravvalutando la fanciulla? può darsi, ma mi è sembrata un tantinello più originale rispetto ad altre scontatissime presenze…compresa quella dell’inutile gnoccona di turno, l’ennesima “fidanzata di” piazzata lì chissà per quale miracolo (dato o) ricevuto, indispensabile solo a mostrare qualche vestito da gran sera (come quelli di Armani o Alberta Ferretti)…guarda, meglio la biondina, anche se sgraziata e fuori luogo, almeno un biricolo di spontaneità in più lo possedeva…
All’una circa di notte quando mio marito da più di un’ora già russava sul divano accanto a noi e Carlo Conti ha dato il nome dei vincitori ci siamo detti “sonno sprecato, il nostro…” e così, vale, per la posizione di Nek, tra tutti il mio preferito. Ma forse una spiegazione a tutto questo c’è ed è quella paventatami dalla segretaria del mio studio, ovvero l’Eurovision song contest!
Negli ultimi anni ci siamo presentati con cantanti di basso valore, a parte Mengoni, ma con una canzone davvero brutta, invece tu vedrai che quest’anno rischiamo addirittura di vincere. In fondo come ci vedono all’estero? Pizza mandolino e buon canto…e allora diamoglielo!
Molto saggia la segretaria del tuo studio, è già la seconda o terza volta che mi riporti una sua teoria che mi sento di condividere (ma io la conosco la tipa? e lei lo conosce questo blog? no, perché secondo me potrebbe venirne fuori una collaborazione interessante)….detto questo, dal momento che quest’anno (come ogni anno del resto) perdiamo ore di sonno per vedere la finale (che tanto non va mai come vorremmo…che c’abbia ragione il tu’ marito a dormirsela di brutto?) perché non ripieghiamo sull’Eurovision? Mi ricordo che si presta ugualmente a critiche tremende, ci sono personaggi improbabili e canzoni improponibili…andata?