▶ Il prof. dott. Guido Tersilli – Alberto Sordi – La marcia di Esculapio – YouTube.
Nonostante gli scandali continui sollevati dai gravi episodi di malasanità purtroppo sempre così tristemente presenti nelle pagine di cronaca nazionale, nonostante lo stupore collettivo provocato ogni volta dallo smascherare qualche finto professionista, abilissimo invece nello spacciarsi per un luminare plurispecializzato, anche per anni, senza mai destare attorno il benché minimo sospetto (fatemi capire, ma solo a me fanno le pulci ad ogni curriculum inviato?), nonostante l’immaginario televisivo e cinematografico faccia da tempo la sua parte per sottolineare un certo arrivismo, i mezzucci, le pecche di una categoria professionale in passato maggiormente protetta da un’aura di intoccabilità (dalle innumerevoli serie di filone ospedaliero, alla ER o Grey’s Anatomy per capirci, passando per un indimenticabile Alberto Sordi ne Il medico della mutua del 1968, video allegato) la figura del dottore, più di altre, è forse destinata per sempre a smuovere, nell’opinione comune, parole come credibilità, competenza, efficienza. E’ se non basta a spiegare tutto ciò il nostro, mai superato, smisurato e inconscio bisogno di delegare, con cieca fiducia o quasi, a mani più sapienti le sorti di questo corpo imperfetto e materiale in cui ci siamo ritrovati a vivere e a cui tanto teniamo, pur ignorando spesso i meccanismi basilari del suo funzionamento o reputandoli comunque del tutto incomprensibili, ecco che adesso anche la moda, strano a dirsi, ci viene incontro con una sua, forse non originalissima, ma comunque interessante, teoria. Stando infatti ai curiosi risultati di uno studio condotto dal professor Adam D. Galinsky, docente di Management presso la Kellog School della Northwestern University, nel lontano stato americano dell’Illinois, e pubblicati di recente sull’autorevole quanto sconosciuta (a me soprattutto, ma temo di non essere l’unico) rivista scientifica Journal of Experimental social psychology (http://www.journals.elsevier.com/journal-of-experimental-social-psychology/) andrebbe proprio attribuita all’abito (in questo caso al camice di ordinanza) la capacità di fare non tanto quel “monaco” del celebre proverbio che ci piace scomodare ogni tre per due, ma più in generale il buon lavoratore. Pare infatti che tra i vari esperimenti compiuti da Galinsky e la sua equipe per avvalorare certe, apparentemente bizzarre, teorie, ci sia stata la richiesta di far indossare ad un gruppo di volontari dei semplici camici, per poi far svolgere loro diverse mansioni, con la sola differenza che mentre ad una metà veniva detto che quel camice, per quanto immacolato, fosse “da dottore”, all’altra metà lo stesso indumento veniva indicato come una tenuta “da pittore”. Ebbene, la conclusione di questa importantissima ricerca, che immagino da oggi in poi potrebbe cambiare drasticamente le vostre vite oppure procurarvi infinite notti insonni a domandarvi “possibile?” è che i lavori migliori siano stati naturalmente compiuti dal gruppo degli “pseudomedici”, dimostratisi più accurati, prudenti, ordinati, rispetto al gruppo dei finti pittori. Vale a dire: sarebbe sufficiente indossare una qualsiasi divisa per risvegliare immediatamente in noi certe caratteristiche professionali in genere associabili a questo o a quel mestiere, perché l’abito è in grado di per se’ di rivestrirci delle qualità tipiche, appannaggio di una classe di professionisti, o comunque di poterci condizionare in tal senso. Credibile o no, lo studio non può che condurci a due ulteriori, altrettanto strampalate, riflessioni: innanzitutto cosa spinge a bistrattare i pittori e a considerarli poi dei lavoratori così caotici, approssimativi o comunque più inaffidabili di un medico? (rientrassi nella categoria, ad, esempio, mi offenderei un pochetto). Seconda è più importante domanda: cosa diamine penserebbe di me Galinsky se gli inviassi una foto con addosso quella tuta da benzinaio presa in prestito da un amico (e mai più riconsegnata) che sfoggio quando tento di sbrigare da solo alcuni lavoretti domestici? Professionista dai costi sempre in rialzo o tipino facilmente infiammabile?
Ma dove le peschi queste notizie…?
E poi questi studi sono proprio necessari?
Comunque leggo i tuoi post e sorrido…
Conservo ancora la divisa da tranviere (ataf) del mio babbo. Si parla di più di 30 anni fa.
La indossavo per carnevale. A colpo d’occhio potrebbe passare per una di quelle di oggi. Se la indossassi, io, che ho problemi a guidare anche il carrello del supermercato……?
Se dopo questo commento, non mi vorrai più parlare, capirò….
La notizia è assurda ma verissima, pubblicata in questi giorni in tante testate anche nazionali (mi documento, prima, anche se sembrano boiate)! Guarda, il principio è proprio lo stesso, con addosso quella divisa dovresti automaticamente avere quelle doti di calma e pazienza al volante richieste ai tranvieri…ah, e comunque anch’io per carnevale indossavo le divise da comandante di nave di babbo!
ma offendersi de che?? spero che questo Galinsky e la sua equipe siano veramente e profondamente ordinati, perchè questa loro caratteristica separerebbe a mo’ di fossa delle Marianne le nostre personcine: non voglio aver nulla a che fare con certi loschi figuri, sciatti e banali nelle loro elucubrazioni, settari e razzisti nelle conclusioni e, diciamocelo, coglioni monumentali/genii del far soldi sul nulla.
rimango con il pennello ben saldo in mano, sicuro del valore tutt’altro che confusionario e caotico del mio operato artistico a far notare che, grazie alla fantastica grafia degli ordinatissimi medici, migliaia di persone muoiono ogni anno e questo basterebbe come pietra tombale alla ricerca su riportata…
Ecco, se però mi dici che non ti offendi e poi mi scrivi un commento così velenoso, vuol dire che insomma, al di là dell’assurdità della ricerca, un po’ ti infastidisce che la categoria dei pittori sia associabile più facilmente a una presunta sciatteria di esecuzione dei lavori! Poi non facciamo di tutta l’erba un fascio, ci saranno (e ci sono) medici in gamba e scrupolosi, oltre a dei veri e proprio cialtroni che ognuno purtroppo nella propria vita ha incontrato…rimane un mestiere delicatissimo e importante, che forse non tutti sono in grado di fare…ma te un camice lo indossi? Non ho un tuo ricordo in tale mise
camice??? giammai!!
come si fa altrimenti a cambiare spesso guardaroba???
che poi la Bea, ligia camicista, si sporcava i vestiti lo stesso per una strana transustanziazione/teletrasporto dei colori ad olio, che senza macchiare il suddetto passavano direttamente agli strati sottostanti di abiti…
Ah, ecco, vedi, mi ricordavo bene il tuo rifiuto di indossare un (salvifico? almeno per il guardaroba?) camice! La Bea si sa, le scappa il colore ovunque, dalle tele agli abiti, passando per arredi, spazi e gente circostante…proviamo a regalarle un camice da medico?