Elena feat. Glance – Mamma mia (He’s italiano) Official Video – YouTube.
Era stato un pomeriggio impegnativo e frustrante quello trascorso, in una Dublino come al solito prigioniera di una pioggerella incessante e fastidiosissima, in compagnia della mia amica Lucy, cinese dello Zhejiang, regione costiera poco più a sud di Shangai, conosciuta in multietnico e salvifico corso d’inglese in cui ero approdato per colmare le mie troppe lacune in una lingua che mi sarebbe stata di sicuro utile per il mio futuro professionale e soprattutto per smorzare quella ridicola pronuncia anglo-toscana appresa dai troppi insegnanti di scuola non esattamente di Oxford. Lei era giunta in Irlanda con un simile obiettivo l’anno precedente, e affascinata dallo stile di vita dei suoi coetanei europei e per nulla infastidita dalla deprimente tonalità del cielo noiosamente oscillante tra il grigio topo e il grigio perla, aveva deciso di prolungare oltre la sua permanenza in città, scopo per il quale aveva bisogno, esattamente come me, di mantenersi con un qualche lavoro, che entrambi eravamo decisi a trovare proprio quel giorno, consegnando di persona centinaia di curriculum implacabilmente accantonati invece dopo pochi istanti sotto i nostri occhi speranzosi. E così, scoraggiati, rassegnati, ovviamente fradici, ci sedemmo per qualche minuto l’uno accanto all’altra, senza chiudere i nostri ombrelli, sulla panchina (verde) di un giardinetto pubblico (verde) a rimuginare su di una possibile soluzione per risollevare le nostre finanze (al verde). “Questi irlandesi mi sembrano tutti uguali” mi fece d’improvviso Lucy, “sai che non riesco a distinguerli mai? Stessi capelli biondi o rossicci, stessi occhi chiari…un po’ come voi italiani, tutti così scuri!” “Stai scherzando, vero?” risposi sorpreso “guarda che una buona metà della mia famiglia come dei miei amici ha occhi azzurri e pelle chiarissima, e poi” continuai “potrei dirti la stessa cosa, che voi cinesi avete tutti gli occhi a mandorla e capelli neri e lisci” “Non è vero”, replicò Lucy “prendi me, io ad esempio ho i capelli ricci” e davanti al mio sguardo sempre più in preda allo stupore si sfilò delicatamente dalla testa la lunga parrucca che indossava quasi sempre per mostrarmi i suoi veri capelli, cortissimi e naturalmente ricci. Andammo avanti a ridere per almeno una mezz’ora, complice la stanchezza, le difficoltà nel comunicare tra noi mai del tutto superate ma specialmente la volontà, da quel momento, di tentare di demolire ogni più radicato cliché o pregiudizio che avevamo l’uno nei confronti del popolo di appartenenza dell’altra e viceversa. Io per cominciare le confessai di non aver mai sentito suonare un solo mandolino in tutta la mia vita e di non aver mai conosciuto nessuno in grado di farlo, ammisi la mia pressoché totale e demoralizzante incapacità ai fornelli, al contrario del diffuso stereotipo che ci vorrebbe quasi tutti chef oltre che buone forchette, le dichiarai candidamente di non rientrare affatto in quella maliziosa definizione di italiano rubacuori o latin lover. Lei proseguì dicendomi di non chiamarsi neppure Lucy, ma di aver scelto quel nome, oltre perché privo di “r” (“questo è vero, non riusciamo a pronunciarle” aggiunse ridendo) perché nessuno a Dublino ne imparava o ricordava quello vero (neanch’io in realtà, era qualcosa tipo Zai Xing, dal poetico significato “fiore del mandorlo”), continuò ammettendo di essersi sentita discriminata in quanto donna in Europa molto più che in Cina, concluse infine la nostra piacevole chiacchierata con un caloroso invito a cena da lei, per dimostrarmi specialmente che la cucina cinese non consistesse soltanto in involtini primavera e ravioli al vapore. “Ma ti dirò gli ingredienti solo quando avrai mangiato tutto!”. Accettai. E quella sera da Lucy mangiai, per la prima volta, delle buonissime orecchie di maiale al sugo (cosa fossero lo seppi davvero alla fine della cena). Un episodio divertente a cui ritorno con la testa ogni volta che si parla dei più noti stereotipi su nazioni e popoli, quando tentiamo cioè di imbrigliare in etichette frettolose e superficiali, del tipo “tedeschi uguale crauti, francesi snob, spagnoli movida e sangria”, difetti e virtù di ogni possibile cittadino straniero. Operazione che, in alcuni casi invece, può davvero fruttare una fortuna, come dimostra la cliccatissima hit (più di 5 milioni di visualizzazioni solo su YouTube) “Mamma mia” (video allegato) brano incalzante e spensierato della cantante rumena Elena Gheorghe, tutto giocato sui più famosi cliché con cui è visto l’italiano medio all’estero: mammone, bugiardo, galante, naturalmente irresistibile (seh, ve piacerebbe, eh?). Il tutto immerso nell’atmosfera più trash che neorealista di un buffo e caotico matrimonio che fa da sfondo alla clip, zeppa di ammiccamenti, intrighi e tradimenti plateali. Unici, inspiegabili assenti sulla tavola imbandita a festa i nostri beneamati, imitatissimi e celebri spaghetti (possibile?). Gli stessi che provai a cucinare qualche giorno dopo a Lucy per sdebitarmi del suo gentile e inaspettato invito: una carbonara per l’esattezza, probabilmente la prima e la peggiore di tutta la sua vita.
Ti ho letto proprio volentieri… E si, hai ragione. Anche a me è capitato qualcosa di simile nei miei trascorsi in Germania (a proposito i crauti sono proprio buoni…) e come te, feci presente al mio interlocutore che non sapevo nemmeno come fosse fatto un mandolino….
Vedi? Non ci conoscevamo nemmeno, ma già c’era feeling…
E per quanto riguarda la canzone, ma, non è meglio “Mamma mia” degli Abba?
E dopo questa citazione musicale, per me storica, visto i miei gusti, posso anche salutarti…
Ora, sulla bontà dei crauti avrei un po’ da ridire…quanto ai gusti musicali invece trovo maggiore il nostro feeling…gli Abba li adoro, da sempre, il filone disco-pop anni ’70-’80 rimane in vetta alle mie preferenze (quanto saremo trash!) Potremmo fare un appello: suonatori di mandolini, fatevi avanti, che c’abbiamo uno stereotipo da difendere…ma la canzoncina qui postata invece non ti piace? Perché sta veramente diventando il tormentone di quest’estate… Un abbraccio e grazie, come sempre
ALE, LA CARBONARA!!!!!!!!! come si fa a fare una cattiva carbonara a una cinese che ti ha fatto le migliori orecchie di maiale possibili??? ma un po’ di ordine anche nel cucinare no eh??
detto questo, il razzismo è insito nel nostro DNA, nella nostra forma mentis.
per darci sicurezza ci creiamo delle “convinzioni” che ci aiutano a connotarci e, per tutta la vita, cerchiamo argomenti che le rafforzino.
nella Gestalt è stata studiata una applicazione positiva e inversa di questo concetto: per riuscire a riconoscere immediatamente gli oggetti creiamo un prototipo di ogni oggetto che sperimentiamo chiamato “immagine canonica”, alla quale confrontiamo tutto ciò che incontriamo tutti i giorni.
per farla facile, come mai riconosciamo la mano di topolino come mano, dal momento che ha quattro dita e non cinque? grazie all’immagine canonica di mano!!
mentre in questo caso la nostra parzialità di giudizio ci aiuta, nel caso del razzismo ci limita, ma è maggiore la paura di perdere una parte di identità rispetto alla curiosità e alla creatività.
il tuo incontro è paradigmatico: Lucy per dimostrarti che le tue convinzioni sono errate si toglie parte del suo aspetto esterno per farti vedere come è dentro, i suoi capelli ricci sono un regalo e un fidarsi del tuo essere curioso: solo in questo modo si conoscono le realtà diverse dalla nostra, non con i giudizi, ma con la curiosità, il viaggio e il “lasciare andare”.
regalino: http://www.youtube.com/watch?v=ZWAThyCXWiM
La carbonara è venuta un disastro, ma come non avrebbe potuto? Mettici la mia nota imbranataggine culinaria, i pessimi fornelli di quel tugurio dove ho trascorso qualche mese nella capitale d’Irlanda, la qualità di pasta che lì si trova, lontana anni luce dai nostri standard…gli spaghetti vennero scotti e collosi, Lucy azzardò anche un “Al dente?” e io “Guarda, non proprio!”…quanto al resto, sei riuscito a dare la giusta profondità a un pensiero che io avevo espresso invece per esempi leggeri…ci scontriamo sempre con quello che è il limite dei nostri schemi autoimposti, che abbiamo paura di perdere o di superare per il timore di smarrire quel margine di riconoscibilità che attribuiamo al mondo così come lo immaginiamo o come lo vorremmo…la mia curiosità in questo, come ben sai, è un’arma impertinente ma efficace…grazie anche per la canzoncina, caruccia, ovviamente (ma questo lo dovresti sapere già) non la conoscevo affatto…saltando di palo in frasca invece pensavo che venerdì scorso ti saresti rifatto vivo…e invece che è successo?
eh bello, lavoro, lavoro, lavoro… naturalmente non il mio!! e cinque ore di viaggio pesano sulla mia povera schienuccia anziana… hehehe..
ps Nitin qualche anno fa ha tenuto un concerto a piazzale Michelangelo con l’orchestra di Firenze.. mica ti invio mezze calzette eh….
questa settimana lotterò con chi sai tu per andare vicino a Genova perchè il Profeta è in concerto: facci un pensierino, ti divertiresti!!!!
https://www.facebook.com/events/670632969657734/?fref=ts
Ho capito, ci circondiamo (e mi ci metto anch’io nel calderone) di workaholic che poi non riusciamo mai a far smettere di lavorare, neanche nel week-end! Mai messo in dubbio la qualità degli artisti che mi proponi, mi sono sempre rifugiato dietro la scusa che sono io ad essere troppo pop (o poppabbestia)! Ah, grazie per la segnalazione, ma tra un paio di giorni mi spiaggerò per un due/tre settimane in cui la voglia di spostarsi sarà ridotta al minimo!
Ma cammina, rubacuori che non sei altro
Una volta un nostro professore che faceva le ricerche in Kenya ci raccontò che una studentessa andò in un negozio e il commesso (bello scuretto) le disse: “scusa ma non sei già venuta ieri a prendere le stesse cose?”, e lei: “no, era la mia collega…ma come? io ho i capelli rossi e lei è bionda, e poi non ci assomigliamo per niente!”, e lui: “per me voi europei siete tutti uguali!”.
P.S. anche io ti ho fatto mangià la lingua e te l’ho detto a fine pasto…hehehe
Rubacuori? Io? Ma figurati, eppure conosci meglio di altri la mia vocazione alla monogamia Guarda, questa cosa che pensiamo di avere solo noi europei o occidentali in genere, di vedere “tutti uguali” altri popoli o etnie, quando invece, a sorpresa, ci riguarda in prima persona (e quello tuo ne è un ulteriore esempio) arriva a spiazzarci o quasi a infastidirici…eppure… Me lo ricordo l’episodio della lingua (sei riuscita a farmela mangiare, e non in senso figurato)…lì sei avvantaggiata dall’altro mio lato curioso, quello della tavola…credo che potrei assaggiare anche insetti o altre presunte schifezze, a patto di scoprirlo una volta masticate!
No, ma rubacuori nel senso che tutti si innamorano di te, mica come sinonimo di “dongiovanni”
Ah, ma lì si tratta semplicemente di buongusto!
Certo* che sì! (sta tastiera fa come le pare)
E infatti c’è quell’asterisco sulla “o” di certo che non mi spiegavo!
Giusto per la statistica, io – milanese/brianzola da generazioni – ho capelli e occhi scuri, mentre mio marito – prodotto fusion abruzzese/siculo – i capelli (quando li aveva) rossi, la pelle diafana e gli occhi verdi.
Che dire, non ci restano nemmeno i fototipi geografici ed i relativi stereotipi di riferimento a cui appellarci, per tirarci epiteti quando scoppia la buriana…
Oh, finalmente vengo a sapere qualcosuccia in più su di te…milanese da generazioni. mediterranea, sposata (con un ex – rosso, il fascino di questi uomini calvi)…in effetti sì, fisicamente non rientrate nei cliché tipici delle vostre terre di origine…magari potreste ricorrere a questo come base su cui costruire insulti taglienti! Grazie, di nuovo, della tua presenza assai gradita qui!