Da buon italiano medio/superficiale/attaccato alle proprie radici, credo di rientrare in gran parte degli stereotipi, anche i peggiori, che vengono attribuiti ai nostri connazionali quando si trovano a viaggiare all’estero. Sono chiassoso, disordinato, impaziente e scalpitante di fronte alla perfetta linearità di certe file, restìo nel bere quei caffè di un marroncino tenue, visibilmente lontani dal gusto inconfondibile di un vero espresso. Per fortuna posso però contare sulla provvidenziale facoltà di riuscire a esprimermi in un inglese semi-comprensibile, imparato a suo tempo in un lontano periodo di frequentazione dei peggiori pub di Dublino (ma questa è un’altra storia, che prima o poi vi racconterò). Quando perciò posso concedermi, finalmente, una vacanza fuori dai confini nazionali, come è successo nei giorni scorsi a Basilea, in Svizzera, dove ho dato l’addio definitivo a un faticoso 2013 per accogliere speranzoso il nuovo anno, mi diverte sperimentare lo stesso gioco, drizzando le mie antenne di acuto e sarcastico osservatore, alla ricerca di tutti gli eventuali luoghi comuni da sfatare o confermare sugli altri stati o popoli. Ho accolto quindi di buon grado l’invito di Francesca e Vittorio, infaticabile e strepitosa coppia di amici da più di un anno residenti nella cittadina elvetica, che hanno abbracciato voltando le spalle a un’Italia ingrata verso il loro talento e le loro qualità professionali, adeguatamente riconosciute e valorizzate oltralpe. Il mio viaggio è cominciato invece acciuffando un treno in volata la sera stessa del 31 Dicembre, attraverso località suggestive come Domodossola (che tutti conoscono per via della D, ma che nessuno ha mai davvero visitato), Brig, Visp, Spiez, Thun, (prima considerazione in terra straniera: nel trovare un nome alle città gli svizzeri risparmiano un sacco di lettere), cronometrando la durata delle soste e delle partenze del mio mezzo in ogni sua singola tappa. Niente da fare: la famigerata puntualità svizzera esiste sul serio, alle 22.29, non un minuto più tardi, sono alla stazione centrale di Basilea (unica consolazione, i vagoni e il bagno del treno sporchi quanto quelli di un comune intercity italiano). Inghiottito dalla bellezza notturna del posto, dei fuochi di Capodanno riflessi sul Reno, della musica sacra inneggiante da chiese e cattedrali, tento almeno di smentire la supposta freddezza dei suoi cittadini. Confermata anche quella: è la notte di San Silvestro, i numerosi capannelli di persone fuori a brindare sono composti, quasi impassibili, nessun eccesso o follia per le strade, introvabile o inconcepibile il caos per i festeggiamenti (motivo per cui, da copione, ci dirigiamo verso un pub irlandese, dove balliamo fino alle 5). Voglio saperne di più: tutto così esageratamente efficiente, funzionale, organizzato, possibile? L’indomani sommergo di domande Vittorio, ospite generoso e disponibile, beccato intento a “trombare” la pasta per la pizza (verbo che nella sua Alberobello descrive il manipolare con cura l’impasto, nella mia Toscana altre e più goderecce attività). Ricevo solo nuove conferme: l’altissimo senso civico impone che i beni pubblici siano qualcosa da salvaguardare a vantaggio di tutti, gli esempi si contano a milioni. Barbecue e lavatrici sono condominiali (immaginate un accordo simile nelle sanguinose riunioni tra vicini in Italia?), alle famiglie è affidata la cura delle aiuole nelle vie, strisce pedonali e parcheggi riservati sono terreni inviolabili, pena una multa salatissima o la vendetta privata di qualche cittadino zelante che può arrivare a spaccarti lo specchietto o ammaccarti l’auto. I pomeriggi seguenti spesi in giro per i luoghi noti di Basilea e per i suoi innumerevoli e ricchi musei restituiscono l’identica immagine idilliaca: gli edifici sono spazi vivibilissimi e ben strutturati, l’architettura contemporanea non è relegata in squallide zone periferiche ma domina anche il centro della città, elettrizzando il mio amore, che da appassionato della materia, mi fa scendere al volo dai tram quando riconosce dal finestrino un edificio di Mario Botta o di Herzog e de Meuron (foto allegata), a rischio di essere seriamente investiti sui binari, perché deve fotografarlo da ogni lato. Tutto questo senza considerare la posizione più che privilegiata della stessa Basilea: incastonata nel cuore dell’Europa, con una semplice passeggiata di pochi minuti si possono raggiungere le vicine Francia e Germania e riuscire incredibilmente a visitare ben tre nazioni in un giorno solo (faticoso, ma fattibile). Insomma, come ogni comune italiano, se non fosse per gli affetti, la mia dipendenza dal sole abbagliante e dal caffè nero e forte, a parole mi sarei già trasferito anch’io.
sono le stesse dipendenze che hanno fregato anche me: rassegnati, non ce ne andremo mai… ma così abbiamo più scuse per andarecene in giro no?
Magra consolazione, magari prima o poi riesco a disintossicarmi e ad abbandonare la terra natia in cerca di fortuna altrove…comunque verrai a trovarmi, vero?
ora dipende dove vai…. magari ti mando la belvetta, così viene a fare la nipote alla pari!
La belvetta può seguirmi dovunque, a suo rischio e pericolo…insomma, sai bene che non sono io quello che ci sa fare con la prole altrui! E poi non me ne andrei mai così lontano, mi serve la luce, il mare, il buon cibo…quasi come una pianta!
Ecco dov’eri finito…. Veramente lo sapevo già da fb..
Come sempre mi hai fatto ridere. Pensa, che tutte le cose che hai scritto, io le ho sperimentate più di trenta anni fa, quando per la prima volta mi sono recata in Germania. La cosa che più mi aveva stravolto era l’accanimento che avevano per la raccolta differenziata. La mamma della mia amica, impazziva ore ed ore, a dividere una patata da un foglio di carta e sorvegliava con molta attenzione i miei rifiuti: come adesso una buccia di banana nel contenitore sbagliato, e se ti beccano sono dolori in euro (allora in marchi tedeschi.) I condomini con la lavanderia in comune sono una ganzata, vero? Anch’io, durante questi anni, ho sempre sognato di potermi trasferirmi la, ma siccome nessun tedesco mi ha voluto, sono rimasta nella città più bella del mondo, e ti dico la verità, ora come ora non vorrei vivere in nessun’altra parte del mondo..
Willkommen und noch einmal herzliche Glueckwuensche…
Ti ricordi vero che non parlo tedesco, a parte quelle 5/6 parole che mi hai insegnato tu? Felice di ritrovarti qui anche quest’anno, spero che il tuo 2014 sia cominciato nel migliore dei modi…il mio, come avrai anche visto dalle foto, è partito alla grande, vedere poi come funziona da altre parti (anche la raccolta differenziata, perché no?) mi rimette in moto la voglia mai sedata di ricominciare altrove…con la città più bella del mondo ho sempre avuto un rapporto di amore/odio, l’ho abbandonata in più momenti ma da qualche anno abbiamo ripreso a piacerci…chissà quanto durerà…
guete neue Jahre dir auch… mi ricorderò correttamente dalle superiori svolte il secolo scorso??
Paul, 130 kg di amico statunitense che viene spesso in italia per questioni di cuore, mi dice sempre che, con le mie credenziali, se emigrassi negli states troverei lavoro nel giro di due mesi.. naturalmente nel mio campo elettivo di insegnante di disegno o storia dell’arte, non a fare l’impiegato della sanità pubblica di ripiego…
un po’ mi viene da incazzarmi (perdona il ripetersi cacofonico del pronome, ma quando ce vo’…) anche perchè viene da pensare alla mia casa invendibile, al mutuo da continuare a saldare (beh 2014, quindi mancano 4 anni…) a quello che potrei essere di là dall’oceano… mah.. poi guardo il cielo uggioso, l’orologio, ed è subito sera.
Eviterei di precisare l’anno del tuo diploma (siamo alla seconda metà degli ’80, giusto? nozze d’argento?)…detto questo, ho sempre pensato che prima o poi mi avresti chiamato per dirmi: “Sai, mi trasferisco in Belgio/Vietnam/Nuova Caledonia”, nel senso, non hai mai faticato a sentirti a casa ovunque, hai una testolina internazionale e un talento, perdonami la franchezza, che la pubblica sanità snobba un tantinello…(gli States però no, mi torneresti una 20ina di chili in più di Paul). Ne riparliamo a fine mutuo, secondo me, tra 4 anni, quasi quasi…
Saltare giù dai tram per vedere edifici di architettura moderna…. Non so perché ma mi viene subito in mente una potente tendinite nel lontano ’97….. Per andare a vedere il famoso serpentone…. Il museo di arte moderna e contemporanea costruito da Renzo Piano ….. Oddio al solo pensiero…. Mi è tornata la tendinite!!!!!
Beh, ti viene in mente perché in questi 16 anni (oddio, così tanti?) dal famoso “giretto” a Lione (che per te è stato molto più di un giretto) le scapicollate dai tram non sono cambiate affatto, con il rischio non più di una tendinite ma di rimanerci secchi, prima o poi! Lo sai che ho trovato anche delle foto di quei meravigliosi giorni? Inguardabili, credimi!
Ricordo anche la stanza dove saremmo dovuti rimanere al buio per qualche minuto e poi avremmo iniziato a vedere credo delle macchie verdi….. O forse altro….comunque sia non abbiamo visto niente dal momento che qualcuno dopo tre secondi ha acceso l’accendino per vedere come era fatto quel bugigattolo!!!!!!!
BUAHHAHHHHHHHAHHAHHAH…era questo l’aneddoto che mi accenavi? L’avevo dimenticato, giuro! Eh, lo so, ma se mi rinchiudono in uno spazio buio, dove non so cosa c’è intorno o cosa mi capiterà, mi piglia l’ansia…e sticaxxi dell’arte, le macchie verdi posso anche non vederle!