Arriva “Dopotutto non è brutto” con Geppi Cucciari – YouTube.
Gli edifici erano casupole distorte, squilibrate, addossate le une alle altre senza regola né apparente armonia, come sul punto di crollare o di ripiegarsi sulle fondamenta stesse, quasi fossero diventate improvvisamente liquide. Lo spazio che le conteneva a stento era ridotto, claustrofobico, schiacciava edifici e personaggi su di un unico piano privo di prospettiva, trasformando il paesaggio in una visione da vertigine, un vortice di tinte squillanti e di contorni irregolari, una scena che appariva intrisa dell’angoscia di un incubo. Eppure c’era qualcosa di magnetico in quei quadri, un forza attrattiva, il fascino di un’atmosfera inquietante che mi disturbava i sensi ma mi impediva al contempo di distogliere lo sguardo dalla corposità di certe pennellate, dalla voluta deformità di certe linee, dalla mancanza ricercata di una certa gradevolezza. Fu esattamente lì, davanti ad alcune opere di Chaim Soutine (1893 – 1943) pittore russo naturalizzato francese, non riconducibile ad alcun movimento artistico ma spesso accostato agli espressionisti (etichettato per comodità “un maledetto”, come si è soliti definire personalità indipendenti e difficili da imbrigliare entro precise correnti) che decisi mi sarei interessato di arte. Volevo appropriarmi degli strumenti necessari per comprendere quello che appariva il linguaggio insensato di alcuni autori, per andare al di là del “bello, brutto, mi piace, non mi piace” che ripetiamo come un mantra alle mostre, per riuscire a decifrare quanto di incomprensibile e misterioso si potesse celare dietro un dipinto o una scultura. Quando, anni dopo, mi ritrovai a lavorare in un museo di arte contemporanea, era proprio questo il punto in cui mi accaloravo di più nelle mie spiegazioni, in cui mettevo più foga o entusiasmo, quando aiutavo i ragazzi, che accompagnavo nelle sale, a ripercorrere le tracce e gli indizi necessari per l’apprezzamento e la comprensione di un’opera o di un artista, quando tentavo di condividere con loro la soddisfazione di poter leggere e riconoscere, in un ammasso intricato di forme e volumi (qualora ci fossero) un cavallo, un giocoliere, una ballerina o il nulla più totale.
Ed è ciò che mi accade ancora oggi, quando, solleticato in alcune conversazioni, mi sento punto nel vivo di fronte a frasi come “questo scarabocchio sarebbe arte?”, e dunque mi prodigo in lunghissime risposte difendendo il valore artistico di una creazione che può spostarsi e risiedere nel gesto dell’autore, nello sguardo soggettivo della sua interiorità, nel rispetto di una tradizione che va superata non necessariamente dal punto di vista tecnico. Spesso fiato sprecato: esco il più delle volte sfinito da certi confronti, con il mio irremovibile interlocutore convinto a metà. Da qualche tempo perciò ricorro al solito, indicato, stratagemma: regalo, come è successo qualche tempo fa con il mio amico Andrea, il libro Lo potevo fare anch’io, perché l’arte contemporanea è davvero arte, scritto in un linguaggio leggero, comprensibile, perfino spiritoso, da Francesco Bonami, celebre critico e curatore, professionista con l’invidiabile pregio di rendere accessibile e divertente l’ermetico ed elitario linguaggio artistico. Come convinto sostenitore, perciò, del suo approccio originale e quasi scanzonato alla materia, ci tengo a suggerire, ad Andrea e a chiunque altro legga questo post, anche il programma tv condotto proprio dallo stesso Bonami, in onda da un paio di settimane su Rai Uno il mercoledì sera alle 23,20, dall’azzeccato titolo Dopotutto non è brutto, che vede anche la riuscita partecipazione di Geppi Cucciari (nel video allegato il promo). Quattro puntate, dedicate ciascuna a una città italiana (Venezia e Roma quelle già affrontate, Torino e Napoli i prossimi appuntamenti) alla scoperta, come in un tradizionale Grand Tour, di architetture, installazioni, musei privati e non, spesso snobbati o sottovalutati – in una nazione dal patrimonio antico smisurato come la nostra – perché modernamente attuali, dunque di difficile integrazione o comprensibilità per un pubblico più vasto. Al programma, a dire il vero criticato un po’ ovunque per la vena satirica e irriverente (ma perché, cosa vi aspettavate da Geppi?) va riconosciuto invece il pregio di mettere l’accento su spazi e luoghi di frequente liquidati come “brutti” o mal riusciti perché lontani dal peso della tradizione artistica italiana, vanto e maledizione di un paese che da sempre fatica a guardare oltre il Rinascimento. E di far magari scoprire a qualcuno in più che quel lungo ponte scivoloso, da evitare di percorrere nelle vostre passeggiate cittadine, è soltanto un’altra meraviglia che il resto del mondo ci invidia.
N.d.r. Negli stessi anni in cui mi appassionavo alla storia dell’arte, presi anche consapevolezza che certe materie, in cui raggiungevo a stento la sufficienza, le avrei abbandonate lì (“la matematica non sarà mai il mio mestiere” andavo infatti cantando come Venditti). A rendermi chiaro che non fossi esattamente tagliato per i numeri e le formule è stata una professoressa a cui era impossibile non voler bene, perché ironica, stravagante, sopra le righe, una vera forza della natura (mi ha sempre voluto chiamare Stefano, tanto per dire). A lei, che solo ieri ha deciso di lasciarci, in modo imprevedibile, proprio come aveva insegnato, va il mio ricordo e la mia affettuosa dedica di questo post.
Bene, ho preso nota del libro e domani cercherò di arrivare sveglia alle 23.20.
Perché, non so come dirtelo (scrivertelo) ma anch’io spesso affermo, dall’alto della mia ignoranza, “questo scarabocchio sarebbe arte?”
Mi perdoni?
Un abbraccio e ti farò sapere. D-)
Il libro è di qualche anno fa, ma insomma dovresti trovarlo facilmente…la trasmissione è mercoledì…no, perché se stasera mi fai lo sforzo di rimanere sveglia e poi non la trovi, ecco, mi sentirei in colpa…e se sei davvero una di quelli che critica l’arte contemporanea perché incomprensibile (non ci credo, ma se lo dici tu) rimarrai sorpresa dal programma (che, come vedi, hanno però evitato di fare a Firenze) :/
eeeh fortunato tu che riesci ad arrivare al dialogo…
io solitamente fatico a trovare un accordo sulla differenza tra è bello e mi piace, perchè ormai tutti siamo convinti assertori del nostro gusto personale e della sua proiezione sul creato, tanto da asservire tutto lo scibile al nostro indiscutibile giudizio che ha creato due scatoloni nei quali riponiamo buoni e cattivi.
ultimamente uso una formula paracula, ad un certo momento li spiazzo dicendo che raffaello è un bravo pittore, ha fatto belle opere ma non mi piace ed era un gran paraculo abile solo nel copiare e sintetizzare i discorsi degli artisti che lo circondavano (tutti tranne il sommo che cerca di imitare invano).
silenzio.
rumore di hard disk che cerca qualche immagine di raffaello spesso invano.
unici file trovati: raffaello sommo pittore del cinquecento…
raffaello dolcezza…
raffaello genio indiscutibile…
raffaello = bellezza
raffaello = cioccolato e cocco
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no, proprio non c’è traccia di “raffaello non mi piace”
vabbè, dove andiamo a mangiare?
insomma, non riesco comunque ad arrivare alla quadratura del mio discorso, ma almeno insinuo un dubbio, credo molto nello smantellare le sicurezze false, da pesci ascendente scorpione vero, penso sia quasi lo scopo della mia vita, anche nei miei stessi confronti.
certo rifuggo anche quelli che vedono nelle opere d’arte troooooppi universi perduti, spatasciati casualmente da una pennellata felice, e quando il nostro comune amico pugliese parlava di Burri come del più grande artista italiano… beh… va beh…
Immaginavo di scatenare una tua riflessione al riguardo, anche se stavolta non sono convinto di aver compreso del tutto (sai, è ancora mattina, c’ho l’idraulico che mi sta smontando il bagno, etc)…è anche vero che quando ti ci metti riesci a scardinare le mie (poche) convinzioni (dici che si tratta delle tua “missione” astrologica?)…comunque sì, concordo anch’io sulla necessità di separare valore artistico da gusto personale, il “mi piace, non mi piace” non è detto che equivalga a “degno, indegno”…poi, è un attimo dire “non mi piace” di fronte a qualcosa di incomprensibile come forma e risultato, perché spiazzati dalla mancanza di rispetto per le convenzioni, dal trovare qualcosa di riconoscibile e apprezzabile sul piano tecnico…per fortuna, i parametri di giudizio di un’opera si muovono anche su altri piani, non ultimo il valore emozionale…però, non sai che fatica a volte dover difendere Picasso (capisci, Picasso!) dall’accusa di “vabbè, mica sapeva disegnare”…il comune amico pugliese, per concludere, doveva fare il controcorrente, sempre e comunque…dubito apprezzasse Burri poi così tanto, però faceva figo dirlo…(ah, Raffaello, un genio, su questo non si discute, non piace neanche a me)
ma avrai già capito che quello che intrattengo con te su questo blog è una specie di dialogo a distanza, molto piacevole, proprio non ce la faccio a non risponderti… quasi mi sento più vicino a te scrivendoti che telefonandoti in una dimensione epistolica quasi di altri tempi, con l’aggiunta della velocità della rete… (se non altro perchè penso che tu sia meno perso nell’etereo mentre cerchi di approcciare la mia comunicazione [soprattutto da quando hai confessato l'"alarità" della tua soglia di attenzione] e quando non hai nerboruti trombai per casa)
certo Enrico che personaggione…
Ma io sono felicissimo che ci si senta semiquotidianamente su questo attrezzo, anche perché, con altri mezzi, ci saremo risentiti si e no 10 volte in 15 anni…e perché se mai ti venisse meno l’istinto di rispondermi, mi calerebbe drammaticamente il numero (già scarso) di commentatori…temo di aver commesso un errore confessando la mia esigua soglia di attenzione (adesso lo stanno notando in troppi, ecco), quanto al “trombaio” ti assicuro che tutto era, men che nerboruto…altra cosa: Enrico ora chi caxxo sarebbe??? Non si chiamava Maurizio???
pardon, errico… la vecchiaia…. quatto quatto ottomila ehh????