Ad alto rischio…

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La paura di passare in sordina stavolta c’era, e maggiore del previsto. La buona riuscita dell’intera kermesse perciò, naturalmente auspicabile, non così scontata, senza dubbio meritatissima, alla fine è giunta, forse in maniera ancor più entusiasmante. Quasi compressa fra il contemporaneo clamore per le nomine – shock dell’haute couture parigina (il passaggio alla direzione creativa di Dior di Maria Grazia Chiuri, ex di Valentino e prima donna al timone della maison francese), tra gli abbaglianti festeggiamenti per i 90 anni di Fendi, rei di aver profanato l’intoccabile magnificenza di Fontana di Trevi, e i 30 anni di Dolce & Gabbana pittorescamente allestiti per le vie di Napoli, con un’inossidabile Sofia Loren osannata sotto un baldacchino barocco come una Madonna in processione, Altaroma, la storica manifestazione di alta moda capitolina, poteva forse sparire in mezzo a tanta mediatica opulenza. E invece no. Merito, al contrario, di un programma accorto e ben strutturato, che dall’8 all’11 Luglio scorsi, ha eletto nuovamente i locali dell’ex Dogana di San Lorenzo come sede principale e più appropriata per un esplicito tentativo di innovazione stilistica affidato sempre più al talento di nomi nuovi o emergenti. Merito soprattutto di una formula consolidata che ha fatto progressivamente a meno di inutili eccessi, colpi di teatro o stramberie superflue, per rifugiarsi così in proposte concrete e spendibili, in iniziative lungimiranti, in un terreno in cui la moda intesa come sostanza e non semplice forma potesse finalmente dare i suoi frutti migliori. Come a dire: qui si torna a parlare di abiti, di competenze, di mercato, le stravaganze (immancabili, ma più dosate) lasciamole alla folla (fin troppo) variopinta che assedia spasmodica le passerelle più per il gusto di deliziare il pubblico dei social che per innato buongusto. Su questo registro dunque ci si è mossi sin dall’attesissimo evento inaugurale, Who is on next?, il celebre progetto di scouting, realizzato in collaborazione con Vogue Italia, che, forte di una giuria di mostri sacri del settore (da Franca Sozzani accolta da ovazione da stadio a Suzy Menkes con consueto ciuffo a banana e cappa plissettata viola), ha premiato, forse penalizzando il lieve “citazionismo” di alcune collezioni (come i richiami sottili allo stile di Gucci e di Moschino presenti qua e là), i giovani brand di Brognano (1° classificato) e Miahatami (2°) per il prêt – à – portér e Pugnetti Parma per gli accessori. E proprio dalle scuderie di Who is on next? provengono alcuni dei nomi più interessanti visti, non a caso, negli stessi giorni, come quello del greco Angelos Bratis, vincitore dell’edizione 2011, e artefice di una collezione matura, coerente, chiaramente evocativa in certi drappeggi, grafismi o nei blu, brillanti e insistiti, della sua terra di origine. O quello di Hussein Bazaza (vincitore soltanto lo scorso Ottobre dell’edizione speciale 2015 tenutasi a Dubai), giovanissimo couturier libanese (è nato nel 1990) che coniuga nelle sue creazioni uno spericolato iperdecorativisimo alla predilezione per volumi rigidi e geometrizzanti. Impossibile infine non menzionare l’eleganza raffinata e onirica, al contempo quasi sospesa, di Greta Boldini (foto allegata), brand oggi esclusivamente affidato alle intuizioni sofisticate del designer Alexander Flagella, autore di una collezione portabilissima e di ampio respiro, passando per la sfilata più emozionante, quella siglata dal duo creativo veneziano Arnoldo] [Battois, che mescola impunemente nei propri abiti tracce di Oriente e motivi animalier a tinte fluo ed accessori zoomorfi, in un insieme di grande impatto estetico. Perfettamente in linea con quello che, ci auguriamo, possa continuare ad essere, non solo qui a Roma, il prossimo futuro dei fashion – show: molto, molto meno show, molta, molta più moda.