Philip Seymour Hoffman winning Best Actor – YouTube.
Con una prevedibilità e un cattivo gusto di natura semi – universale, inclini allo stesso modo a sollevare la più annichilente banalità di reazioni come a legittimare una successiva quanto macabra ossessione per certi inutili e trascurabili dettagli, il repertorio di comportamenti collettivi in caso di prematura, tragica e scioccante scomparsa di un volto noto dello spettacolo – ogni volta più simile, a dire il vero, all’ennesimo, interminabile e noiosissimo déjà – vu – si compone sempre di alcune chiare e specifiche fasi, peraltro ben individuabili. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, è il triste e sfortunato caso di Philip Seymour Hoffman, straordinario attore hollywoodiano trovato morto solo qualche giorno fa nel suo appartamento di New York, drammatica vicenda divenuta anch’essa paradigmatica di un irritante e superfluo atteggiamento generale che si sta trasformando in una pessima consuetudine quando si ha a che fare con certe dinamiche di diffusione e fruizione delle notizie. Perchè, quell’inspiegabile dispiacere che coglie più o meno chiunque di fronte alla morte in giovane età di personaggi celebri, lo sgomento per l’improvvisa e inaspettata scomparsa di un viso che il grande schermo o qualunque altro media ci ha reso familiare, (seppur mai incrociato durante la nostra tranquilla esistenza condotta dall’altra parte del pianeta), sembra che adesso debba necessariamente passare attraverso il conoscere il maggior numero di particolari possibili sulla sua dolorosa fine (meglio se fornendo una cospicua quanto raccapricciante dose di dettagli morbosi). Non vorrei peccare di eccessiva semplificazione o vestire i panni del moralista da quattro soldi che si scaglia contro il mal costume dei “tempi moderni”, quando in realtà si è sempre un po’ indugiato in casi del genere, forse per tentare una maggiore presa sul pubblico, nell’accentuare il “lato oscuro” di simili vicende. L’impressione però è che adesso, da quando cioè la rete ha permesso più o meno a tutti di colmare le proprie lacune pseudoculturali in ogni campo con la rapidità di un clic, chi tradizionalmente detiene il compito di informare sui fatti (leggi stampa e dintorni) tenda a farlo secondo modalità piuttosto deprecabili.
Vado al sodo, servendomi proprio della storia di Hoffman per esemplificare il mio, forse astruso, ragionamento: comincia a circolare la notizia della morte di un attore, il nome però non dice granché, così lungo poi, meglio cercarlo su Google (come si scriverà mai?), ah, eccolo, sbucano anche le immagini, sì, il viso non sembra del tutto nuovo, accidenti in quale film era? forse somiglia perfino a qualche altro attore, ma dove diamine si sarà visto? Nel frattempo migliaia, forse milioni di utenti web, che hanno ripercorso esattamente le stesse azioni, vanno già diffondendo ed annunciando su ogni possibile pagina di ogni possibile social il loro cordoglio, la loro commozione, compreso il solito teatrante che arriva sempre a sostituire la propria immagine del profilo con quella del personaggio appena deceduto (chissà con quale utilità poi). Per carità, fra tutti ci sarà anche chi è stato sinceramente un accanito fan della prima ora, ma insomma, distinguerlo adesso nel mare magnum di esperti di cinematografia che affiora d’un tratto in un paese in genere dedito alle commedie di Vanzina è piuttosto arduo. Quindi se da un lato il tragico fatto rimbalza dappertutto amplificato alla velocità di fulmine, dall’altro tv e testate online si prodigano nel confezionare i propri servizi sul personaggio in questione, nelle teoria delle intenzioni più esaustivi, nella pratica dei fatti ovviamente non limitati a ripercorrerne la carriera (leggibile ovunque, anche sulle pagine dell’80% dei tuoi contatti) ma infarciti di uno scontato e avvilente contorno. In ordine, in coda a quello che in gergo si chiama coccodrillo (l’articoletto strappalacrime post – mortem) si ritrovano così: 1) l’immancabile pezzo sulla “maledizione” di un talento e di una fama difficili da gestire (con annessa digressione su eventuali abusi di droga e alcol 2) la carrellata di volti noti, partendo dalla metà secolo scorso fino all’altro ieri, vittime di un simile destino (per capirci, cominciando da Marilyn Monroe per finire a Whitney Houston) 3) il video a riprova della vita comunque difficile del vip e/o la sfortunata coincidenza con un altro evento altrettanto drammatico. Nello specifico, lo stesso video qui allegato, risalente alla premiazione di Hoffman come miglior attore protagonista nel 2006 per il film Truman Capote, ricomparso su gran parte della stampa di questi giorni per sottolineare la presenza, nella medesima rosa di candidati di allora, di un altro attore prematuramente scomparso, l’australiano Heath Ledger. E’ forse doveroso riproporre perciò le stesse immagini per leggerle da un punto di vista diverso, per un ricordo più rispettoso di tanti particolari affiorati questi giorni sulla vita privata dell’attore e spacciati per tracce di una sua vulnerabile umanità: quello di uno straordinario e singolare interprete, di cui spesso si sbagliava il nome, che conclude commosso il discorso più importante della sua carriera ringraziando semplicemente l’anziana madre.