Ansiautunno

Se siete già da tempo lettori di questo blog, andate avanti. Ve lo consiglio, seriamente, saltate a piè pari questa breve introduzione e cominciate dal capitoletto seguente (sempre che riesca a scriverne uno). Il motivo è dei più semplici: qui non troverete nulla che suoni alle vostre orecchie come del tutto nuovo, originale, mai letto prima in qualcuno dei miei post più vecchi. Non solo perché siamo già giunti, prima di quanto pensassi, a superare la bellezza di 100 miei interventi (questa che sta scorrendo sotto i vostri occhi è precisamente la creatura n. 101, proprio come l’arcinota carica disneyana, con la sola differenza che l’unico cane qui potrebbe essere l’autore); cifra che mi costringe, per non trovarmi a ripetere con troppa frequenza le stesse parole, a dover leggere un po’ di tutto, dalle ricette stampate sulle buste dei cibi alle etichette dei prodotti per il bagno (anche se dubito che termini come “liofilizzato”, “emolliente” o “dermatologicamente testato” possano mai tornarmi utili in un eventuale post). Quanto soprattutto perché il sovracitato autore/quadrupede si sta, come immaginerete, già fasciando paranoicamente la testa in attesa della (per lui) più temuta stagione, che solo tra qualche giorno scalzerà le ultimi propaggini estive: l’autunno (no no no, suonerebbe un’azzeccatissima eco). Lo detesto. In ogni suo dettaglio. Non ne sopporto il lento scemare pomeridiano della luce che prelude a sere sempre più lunghe, il progressivo e impietoso affievolirsi della temperatura, il cupo ingiallirsi del mio giardinetto (foto allegata) che a poco a poco si trasforma in un disordinato pavimento di foglie croccanti (e come tale poi rimane per lunghi mesi). Mi irrita l’arrivo inevitabile delle piogge, le gocce che si inseguono formando malinconici rivoli sulle finestre, gli alberi e la frutta rivestiti di toni smorzati. Ma ciò che maggiormente mi inquieta, mi atterisce e mi turba è il suo equivalere al dover trovare (chissà poi dove) nuove energie necessarie per pianificare, organizzare, riprendere in mano tutto l’incompiuto lasciato volutamente alle spalle durante l’estate. Un severo richiamo all’urgenza dei propri doveri, alla disciplina necessaria per gestire tutti gli impegni, alle regole che dovrebbero scandire la vita di un serio ed equilibrato 29enne: insomma, per me che sono pigro, indisciplinato, immaturo (e men che mai 29enne) una vera e propria tortura.

Se avete davvero seguito il mio consiglio iniziale e state cominciando a leggere questo post da qui, vi riassumo cosa vi siete persi: niente. C’è un blogger, brontolone e metereopatico, che si rifuta di dare il benvenuto alla prossima stagione autunnale, perché nel suo immaginario coincide con il dover mettere in ordine e riallestire una vita in cui di ordine ce n’è sempre stato ben poco. A dire il vero anche la mia casa rispecchia il caos e la mia stessa inquietudine settembrina, soprattutto perché, al momento, sto lavorando a dei testi che avrei dovuto consegnare da giorni e che non riesco ancora a concludere. Vivacchio perciò perennemente inchiodato davanti al pc, che raggiungo facendo il dribbling tra pile di libri e riviste da consultare, accampate ovunque nei corridoi, su tavoli, sedie e divani, dei totem cartacei che obbligano gli ospiti a sedersi sul pavimento o li invitano a scattare foto da condividere, con mia somma vergogna, sulle proprie pagine dei social. Ed è proprio mentre posavo lo sguardo su una di queste instabili torrette di volumi, in cerca di nuova ispirazione per i miei scritti, che oggi mi ritrovo gradevolmente spiazzato dall’arrivo, a sorpresa, di un’e.mail da parte di una mia vecchia conoscenza. Una persona che ha condiviso con me momenti importanti, dalla trepidazione dei primi esami all’Università all’incertezza, anche economica, dei primi lavori, e che è stata persino partecipe della mia ultima iscrizione in palestra (esattamente quindici anni fa). Una persona un tempo familiare, e che poi, come spesso succede senza alcuna vera ragione, ho lasciato uscire dalla mia esistenza per superficialità, noncuranza, perché le nostre strade hanno preso direzioni opposte e noi abbiamo permesso che la distanza, la quotidianità, la diversità dei nostri obblighi diventassero una scusa e un muro per non vederci né sentirci per lungo tempo. Fino ad oggi appunto. Quando la sua gradita e.mail ha interrotto il silenzio in cerca di un mio consiglio: che fosse appropriato ad un suo nuovo inizio, al chiudere un capitolo della sua vita per aprirne un altro, al ricominciare, con le sue forze, ad affrontare questo come i prossimi autunni. Ed è stato oggi, che ho capito: per risollevarci, per ripartire, per rimetterci in moto non abbiamo bisogno di progetti dettagliati e di bellicosi piani d’attacco. Abbiamo bisogno di qualcuno pronto a dirci che possiamo farcela.