Il bello dell’assurdo

MAN AW13 at London Collections: Men – YouTube.

Proviamo a spiegarlo con un paragone: se mi trovassi semplicemente a riassumere in poche righe la trama di un film pluripremiato e toccante, come Tutto su mia madre di Pedro Almodovar,  le mie parole sarebbero più o meno le seguenti. Dopo la morte accidentale del figlio, una madre va alla ricerca del padre del ragazzo, di cui gli aveva nascosto l’esistenza. Padre che è in realtà un trans, sieropositivo, che nel frattempo ha messo incinta una suora, contagiandola. Messa in questi termini avrei scoraggiato chiunque dal guardare quello che è in realtà (e non solo a mio parere) rimane uno dei capolavori della cinematografia contemporanea. Questo perchè la poesia con cui procede il racconto per immagini della pellicola giunge diretta a toccare delle corde emozionali che vanno ben al di là del rispetto della verosimiglianza della storia, la quale, come appena detto, condensata in poche parole, potrebbe apparire assurda e insensata. Nella moda accade spesso qualcosa di simile, in cui però il concetto di “verosimiglianza” è sostituito da quello di “portabilità”, concepito come capacità di un abito di essere indossato senza destare nei passanti il sospetto di essere appena fuggiti da un manicomio. E’ vero che quando si parla di abbigliamento il suo fine ultimo e più naturale dovrebbe essere proprio la vestibilità di un corpo. Non va dimenticato che la moda però è soprattutto un affascinante linguaggio non verbale, che si nutre di ricerca, di sperimentazione, di indagine alla scoperta di nuove forme, nuovi concetti o materiali, che sfidano spesso i limiti della “portabilità” per esplorare invece un terreno solo in apparenza altrettanto assurdo e insensato. Un ragionamento che mi è tornato in mente proprio oggi quando per caso mi sono imbattutto nella sfilata del giovane designer britannico Craig Green (video allegato da 0:45 a 1:35): diplomato soltanto lo scorso Febbraio alla prestigiosa Central Saint Martins di Londra, un paio di collaborazioni all’attivo con brand di tutto rispetto come Adidas e Bally, lo stilista ha mandato in passerella pochi giorni fa, per la settimana della moda maschile londinese, delle sorprendenti maschere di legno. Non proprio un romantico tributo all’Africa Nera, ma un accessorio a metà tra l’inquietante e l’ironico, simile nella forma a un’improvvisata scialuppa di salvataggio ottenuta con quattro assi  inchiodate. Importabile e bellissima. Perchè del tutto nuova, imprevista, cromaticamente rispettosa dell’opacità di fondo della collezione, di cui ne rispecchia altresì la ritmica di volumi destrutturati. Ancor più interessante perché, nel suo celare del tutto un volto, diviene negazione di un’identità: concetto che si ritrova anche nella altre collezioni di Craig (http://craig-green.com/) in cui il corpo è spesso imbrigliato come un ostaggio in creazioni dall’aspetto grottesco di giocattoli informi, impensabili nella quotidianità ma dall’indubbio merito di sondare nuove possibilità espressive. Perfettamente magnifiche nella loro assurdità.

A volte ritornano (2)

L’occasione è importante, quindi sarebbe doveroso parlarne. Anche se, girovagando in rete o leggendo sui giornali i titoli e i pezzi usciti in anteprima al riguardo, sembra di riavere tra le mani una di quelle poesie imparate a memoria a scuola: “Finalmente al via…da domani ritorna…questi i grandi numeri” e bla bla bla. E poi, se devo essere sincero fino in fondo, la moda uomo non è mai riuscita a entusiasmarmi più di tanto: difficile da innovare, molto più facile scivolare nel ridicolo. Però rimane una delle manifestazioni principali del settore al mondo, richiamo e attrattiva per tutto il popolo di stampa, buyer ed aziende che proprio dall’8 all’11 Gennaio si riverserà nei padiglioni della Fortezza da Basso di Firenze o nei vari punti della città che ospiteranno le numerose iniziative dell’83esima edizioni di Pitti Immagine Uomo. “Tanti gli eventi, le novità” (così sembra) “un calendario fitto di appuntamenti” (sto ancora prendendo in giro gli articoli letti ovunque oggi…peccato non aver conservato quelli dell’anno scorso, secondo me non cambia neanche la punteggiatura). Facciamo così: volete davvero sapere quello che succederà? Questo è il link del calendario tratto “pari pari”  dal sito ufficiale della manifestazione: http://www.pittimmagine.com/corporate/fairs/uomo.html. Inutile ripeterlo punto per punto, assumerebbe lo stesso fascino della mia rubrica telefonica. Inutile dirvi che non cambierà nulla neanche riguardo all’accoglienza che Firenze riserva due volte all’anno all’iniziativa: lamentele per il traffico immobile nelle strade interessate, le uniche due vie cittadine deputate allo shopping tirate a lucido, la solita processione di fashion  addicted (talvolta monster) che si snoderà dalla stazione Santa Maria Novella alla Fortezza stessa. Io comunque ci farò un salto. Forse. E se davvero dovesse sbucare qualche novità di enorme rilievo nei prossimi 4 giorni di Pitti, state pur certi che ne parleremo.

Piccolo il mondo

Alicia Keys – Girl On Fire – YouTube.

Per ragioni sentimentali, più che per una ponderata scelta professionale, da circa due anni vivo in una piccolissima località alle porte di Firenze, una silenziosa oasi di tranquillità a soli a 8 km dal traffico congestionato dei viali e dalle vagonate di turisti che affollano il centro del capoluogo toscano. Un paese, o meglio, una manciata di vie sbilenche, in cui spiccano una macelleria aperta dalle 7 del mattino alle 10 di sera, una statua di Padre Pio in bronzo a grandezza naturale nel giardino di una farmacia, un circolo ARCI che offre corsi di zumba a prezzi stracciati e serve amari introvabili altrove dagli anni Settanta. Se hai fortuna, nel minuscolo ma ben fornito supermercato – l’unico nei dintorni ad avere la rarissima Viennetta al pistacchio, cosa che costringe la mia amica Claudia ad apposite incursioni in macchina da un paio di frazioni più in là –  puoi trovare vip del calibro di Marco Masini (il che la dice lunga sull’allegria del posto) o, se ti va meno bene, chi scambia il tuo spiccato accento maremmano per romano e ti chiede incuriosito ”icchè tu ci fai qui?”. Oppure, come è successo a me lo scorso inverno, di incontrare all’uscita, con le buste della spesa, la tua ex-compagna di banco del liceo, Chiara, di cui avevi perso le tracce da una dozzina d’anni, praticamente identica ad allora (ma invecchio solo io?), che vive nel paesino adiacente al tuo con un marito siciliano e un meraviglioso bambino con la sua stessa vitalità negli occhi. Un’occasione magnifica per riallacciare i rapporti, ritrovarsi a tavola con la scusa di parlare dei vecchi tempi, consolarti almeno un po’ perchè, al contrario di lei, non avrò lo stesso aspetto dei miei 17 anni ma una memoria decisamente migliore della sua, quella sì. E capita anche, come ieri sera, che Chiara, vulcanica e imprevedibile esattamente come ricordavo, mi trascini fuori a cena ad orari impensabili dopo un’estenuante giornata di lavoro, e poi al cinema per un film altrettanto impensabile (“Mai Stati Uniti” di Vanzina, mi spiego?) e tra le risate chiassose al ristorante e le risate soffocate durante la proiezione, e le canzoni urlate in macchina al ritorno (tipo Alicia Keys, video allegato), io sia riuscito ad accantonare per un po’ le preoccupazioni e lo stress di una vita adulta che non so gestire, per rispolverare, nascosta chissà dove, la spensieratezza di quegli anni. E che adesso sia qui, seduto davanti a uno schermo con un sorrisino ebete, a ringraziarla, perché anche la sincerità di un affetto, che con il passare del tempo non cambia di una virgola, è merce assai preziosa.

Post in saldo

In estate succede più o meno la stessa cosa con il gelato: fai zapping in tv da un canale all’altro, oppure sfogli indifferentemente il giornale del tuo supermercato che ti arriva per corrispondenza (e che di solito cestini senza nemmeno guardare la copertina) o il tuo settimanale preferito che acquisti ogni sabato da decenni, ed ecco lì sbucarti, come se ti stesse aspettando, l’originalissimo articolo sulla storia del gelato, sulle sue proprietà benefiche e rinfrescanti e sull’irrilevanza delle sue calorie. Con i saldi accade qualcosa di simile: due volte l’anno, con una precisione che definire svizzera è poco, qualche giorno prima del via alle svendite che scateneranno orde di fashion – victims in tutto il Paese, ogni tg, sito od opuscolo più insignificante rispolvera l’immancabile guida di consigli all’acquisto perfetto, infarcita di decaloghi pressoché immutati dal 1984. Per carità, utilissima per conoscere con esattezza le date d’inizio dei saldi nelle diverse regioni italiane (http://www.corriere.it/economia/12_dicembre_27/calendario-saldi-stilato-da-confesercenti_f6357d44-505b-11e2-a2f4-57facfb76e8a.shtml), soprattutto poi nel caso abbiate appositamente preventivato una o più giornata di shopping al di là dei vostri consueti e battuti confini cittadini o territoriali. Ma che niente di più aggiunge a ciò che l’esperienza in materia e un minimo di buonsenso ci suggeriscono con altrettanto scrupolo: ad esempio “conservate sempre lo scontrino” (ma dai? niente aeroplanino di carta all’uscita del negozio?), “diffidate dagli sconti superiori al 50%” (eppure quelle scarpe al 95% sembravano proprio un affare), e via dicendo. Non manca ovviamente il solito “fatevi un giro prima per le vetrine per verificare il prezzo effettivo” (ditemi: lo fate davvero? cioè, vi armate di taccuino in cui segnate il costo di ciò che vi piacerebbe comprare e che ritirate fuori per bacchettare l’eventuale commerciante truffaldino?) e il più fantasioso “investite in capi che difficilmente passeranno di moda”, (che equivale a dire ”prendetevi l’ennesimo tubino nero da lasciare ammuffire nell’armadio!”). L’unico dato a cambiare sensibilmente, in picchiata dal 2009, è la stima della cifra che ogni famiglia avrà a disposizione per i propri acquisti in saldo e che quest’anno equivale a circa 224 euro: che, se siete faticosamente riusciti a risparmiare nei mesi precedenti, spendete come più vi pare, anche in abiti e accessori oggettivamente inutili, senza dar troppo ascolto a guide o consigli riciclati, compresi quelli del sottoscritto.

Chi ben comincia…

The Last Good Day of the Year – YouTube.

Mi sono svegliato quasi alle 3 del pomeriggio. Più che per i bagordi di ieri sera, per colpa di un’influenza fastidiosa e imprevista, che mi scombina tutti i progetti giornalieri. Ma voglio intepretarla come un segnale: il 2013 sarà l’anno in cui fregarsene spudoratamente di programmi e pianificazioni varie, vivendo molto più alla giornata ed evitando così di essere sopraffatto dall’ansia da buoni propositi che mi coglie in genere il 1 Gennaio. Perciò, oltre al calendario 2012 avrei quasi voglia di bruciare anche la mia nuova agendina rosso fuoco e l’idea di molti ipotetici “farò” (l’abbonamento in palestra, più attenzione a quello che dico/scrivo, felici le persone che mi circondano) che stavolta rimarranno tali senza riuscire a farmi sentire troppo in colpa. Mentre la mia amica fraterna Loredana gira per casa mia canticchiando e ballando questa canzone (video allegato), dal titolo “l’ultima buona giornata dell’anno”, così romanticamente poco azzeccato oggi da sembrarmi perfetto. Auguri.