Galliano is back!

Dior Megamix – Galliano Tribute HD – YouTube.

C’era una volta un genio e forse c’è ancora. Uno di quelli che segnano, nel bene e nel male, il proprio tempo, uno nel cui sangue si mescolano la benedizione di un talento smisurato e la condanna a una fragilità autodistruttiva che impedisce a volte di gestirlo. Spregiudicato, immaginifico e teatrale, con un senso innato della couture e una spettacolare vocazione per gli eccessi sulle passerelle come nella vita privata, John Galliano, stilista inglese nato a Gibilterra da genitori spagnoli, primo designer britannico asceso alla direzione creativa di una maison francese, da Givenchy prima nel 1995 e l’anno seguente da Dior, riesce qui nel difficile compito di raccogliere la pesante eredità lasciata dal suo predecessore Gianfranco Ferrè e di imporre, al contrario, una propria visione dell’alta moda sontuosa, ricercata e irriverente al tempo stesso (video allegato). Coronando, collezione dopo collezione, successo dopo successo, il proprio straordinario percorso, interrottosi bruscamente nel 2011 dopo la pubblicazione di un video-scandalo in cui lo stilista, in uno stato visibilmente alterato, forse in preda all’alcol, insulta con gravi frasi antisemite una coppia di avventori in un locale parigino. Ne conseguono la cacciata immediata da Dior, la condanna giuridica delle sue azioni, gli anni bui di lontananza dalla moda trascorsi in un centro di riabilitazione per disintossicarsi dalla pericolosità delle sue dipendenze che gli sono costate reputazione e lavoro. Fino a qualche settimana fa, quando si fanno sempre più insistenti le voci riguardo a un suo possibile incarico per la realizzazione di una capsule – collection per il brand di moda low-cost Zara (poi smentite), e la notizia, comparsa sul quotidiano statunitense WWD ( http://www.wwd.com/fashion-news/designer-luxury/oscar-de-la-renta-opens-up-studio-to-john-galliano-6630000?module=hp-topstories ) confermata e rimbalzata in questi giorni da un giornale all’altro, di una sua permanenza nell’atelier dello stilista americano Oscar de la Renta, con cui avrebbe collaborato per la sua prossima collezione autunno/inverno. Un ritorno che si preannuncia atteso, quindi, quello di Galliano; il che non equivale certo a una possibile comprensione o giustificazione del peso e dell’assurdità dei suoi commenti razzisti espressi in passato.  Ma che risulta ben gradito a chi ne ammira da sempre le qualità ed è al contrario infastidito da una stampa troppo incline a sbattere il mostro in prima pagina, senza alcun riguardo per la dignità della persona che si cela al di là del personaggio. Perchè, qualunque sia l’errore, il puro talento merita sempre una seconda possibilità.

Grazie 1000

Anzi, facciamo 1008. Che poi è il numero esatto degli utenti che per curiosità, masochismo o errore sono transitati su questo blog in poco meno di un mese. Deluso? Tutt’altro: direi  sorpreso, quasi stordito, e naturalmente, felicissimo. Perchè la cifra è di gran lunga superiore ad ogni mia più rosea aspettativa. Mi ero detto “Apro un blog, chi vuoi che mi legga, a parte amici e familiari costretti dall’affetto?”. E invece, eccoti più di mille persone (a voler essere pignoli, le letture poi sono state esattamente 1706! Lo so che elencare cifre e dati fa molto parlamentare costretto a difendersi in un talk show, permettetemi però di gongolare, almeno in questo post). Dicevamo, 1008: più di quanti servirono a Garibaldi per unificare questa nazione balorda, più di quanti probabilmente ne conti in inverno la ridente località in cui vivo, più di quanti, soprattutto, ne abbia mai conosciuti in circa 30 anni di vita. Mille persone? Ma chi siete? Manifestatevi, così che possa ringraziarvi uno ad uno. Ci terrei, sul serio. Perché sarebbe anche ciò che sto tentando di fare in queste poche righe insensate. A tal proprosito, già che ho cominciato a tediarvi con i numeri ufficiali retrostanti le mie stupidaggini online (e tralasciando per un attimo lo stupore che mi suscita sapere dell’esistenza di due utenti dall’Ucraina e ben tre dalla Cina), mi risultano all’appello 185 visitatori dagli Stati Uniti. Ora, volendo anche includere, per approssimazione, una mia carissima amica svedese da poco convolata a nozze con un marine, un paio di compagni universitari e di compaesani che oltreoceano hanno trovato amore e lavoro, e perfino i discendenti di un cugino di mia nonna emigrato nel secolo scorso a Santa Monica, in California, mi rimangono fuori dall’elenco circa 175 persone. Tanto per sapere, come ci siete finiti qui sopra? Cercavate forse un sito di previsioni meteo alla vigilia della vostra vacanza in Italia? Perchè, se così non fosse, ma, al contrario, avete seguito le mie considerazioni strampalate mossi da un reale interesse, possiamo parlarne, ovunque. Anche lì in America, nel caso mi vogliate invitare (il blogger, a scrocco, arriva dappertutto). Concludo: giuro solennemente, per un po’, di non dare ulteriore spazio ad altri post zeppi di una simile ruffianaggine e salamelecchi vari. Dalla prossima settimana, lo prometto, continuerò a scrivere col solito tono cinico e sprezzante, da vecchio brontolone quale sto diventando. Questo ringraziamento era però dovuto, e per sdebitarmi vi dedico, chiunque voi siate, la canzone che trovate qui sotto (e che da poco è anche la mia suoneria del cellulare, grazie Serena): Gloria Gaynor, I am what I am, sono quel che sono. Visto che ciò che sono io, su questo attrezzo, senza filtri né censure, in tanti lo state apprezzando. E non posso che esservene infinitamente grato.

Gloria Gaynor — I Am What I Am (Studio, TOTP) – YouTube.

A message for Guy

C’è una scena piuttosto esilarante nel film Valentino: The Last Emperor (2008) di Matt Tyrnauer, documentario che tra spasso e commozione racconta gli ultimi anni di attività del couturier italiano prima del suo definitivo addio al mondo delle passerelle. Esattamente quando, alla vigilia della sua sfilata di alta moda a Parigi, Valentino perde le staffe, con il socio storico Giancarlo Giammetti prima e con un hair stylist dopo, per la scelta dell’acconciatura delle modelle ispirata agli scatti di Guy Bourdin. “Volevo una donna di classe, raffinata, con lo chignon” esclama infuriato “e mi ritrovo Guy Bourdin: una pazza!”. Aneddoto che la dice lunga su quanto l’immaginario del fotografo di moda francese, scomparso nel 1991 all’età di 62 anni, a distanza di tempo sia ancora considerato di una potenza espressiva  e di un’audacia fuori dal comune: in altre parole, semplicemente scandaloso. Non potrebbe essere altrimenti per Bourdin, nato nel 1928 a Parigi e cresciuto in pieno clima postbellico, sotto l’egida professionale di Man Ray e a diretto contatto col gusto dissacrante del surrealismo di René Magritte e Balthus; collaboratore per Vogue France già dal 1955, nella sua carriera ha realizzato innumerevoli servizi e campagne fotografiche per le più note riviste patinate e case di moda (Versace, Ferrè, Ungaro, Lancetti), tutte accomunate dalla medesima vocazione per l’ambiguità estetica, l’humour spiazzante, il rigore scenico e soprattutto per un erotismo di tono provocatoriamente giocoso. Adesso è una mostra, A message for you, inaugurata lo scorso 10 Gennaio durante l’ultima edizione di Pitti Uomo e visibile negli spazi del MNAF (Museo Nazionale Alinari della Fotografia) di Firenze fino al 10 Marzo, (http://www.mnaf.it/mostre.php) a indagare l’attività matura del maestro, attraverso una selezione di 75 intriganti immagini, risalenti agli anni ’70, spesso frutto della collaborazione con Nicolle Meyer, allora sua musa e modella, oggi collaboratrice di questo progetto, insieme a Shelly Verthime, curatrice dell’esposizione stessa. Un’occasione che si rivela un singolare viaggio nell’universo visionario di Bourdin, tra il fascino di soluzioni contraddittorie e  anticonvenzionali, tutte di innegabile e sorprendente modernità: come dimostra la costante sensazione di déjà vù che ti coglie, quando, di fronte ai suoi lavori, comprendi l’influenza che ancora oggi il suo occhio possiede sull’opera di fotografi e registi contemporanei come Miles Aldirdge (http://www.milesaldridge.com/) o Jean Baptiste Mondino (Madonna – Hollywood (Official Music Video) – YouTube). Un innovatore, da riscoprire.

Applausi per Jodie

Jodie Foster – Golden Globe Awards – YouTube.

Mentre a Parigi, proprio ieri, si mobilitavano più di 300.000 persone contro l’ipotesi di una legge a favore di unioni e adozioni da parte delle coppie omosessuali, sostenuta dall’attuale governo in carica di François Hollande (http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2013/01/13/01016-20130113ARTFIG00217-mobilisation-historique-contre-le-mariage-pour-tous.php) mentre in Italia si dovrà attendere forse qualche altro secolo solo prima di arrivare a formulare una proposta civile e necessaria sull’argomento (anche per interferenza di un Papa troppo intento a twittare e a divulgare nozioni che rasentano l’omofobia), in America, sul palco del Beverly Hills Hotel, durante la cerimonia di consegna dei Golden Globe, compariva lei, Jodie Foster (video allegato). 50 anni orgogliosamente urlati al pubblico, fasciata in un’abbagliante creazione di Giorgio Armani, l’attrice, chiamata sul palco a ritirare il premio alla carriera, ha messo fine una volta per tutte alle insinuazioni e ai pettegolezzi che da sempre circondano la sua vita privata, parlando apertamente di sè, dei suoi figli, della sua famiglia, della sua omosessualità. Con una naturalezza disarmante, scherzandoci su, commuovendo i presenti, abbattendo definitivamente tutti quegli argini costruiti nel tempo per mettere al riparo la propria privacy dall’invadenza dei giudizi altrui. Facendolo soprattutto in un momento storico travagliato e decisivo, sacrificando così la propria intimità per una battaglia collettiva che un personaggio pubblico può affrontare solo a rischio di alienarsi parte dei favori del pubblico. Ottenendo invece, a mio modesto parere, esattamente il contrario: la più sincera stima e simpatia umana anche da parte di chi, fino adesso, l’ha apprezzata soltanto come una delle attrici più talentuose del grande schermo.

Le regole dell’amore

Tra quelle tre, quattro persone che quotidianamente seguono questo blog (non è vero, sono un po’ di più, ma è sempre meglio fingere modestia) c’è chi, con insistenza, mi chiede di dare spazio a una rubrica tipo “La posta del Cuore”, in cui elargire consigli in materia sentimentale. Francamente non ci penso proprio, e per un motivo molto semplice: lo faccio già, molto spesso, nella vita privata. Non passa giorno in cui almeno uno o più dei miei amici/conoscenti/colleghi domandi un mio parere sincero su una storia agli inizi, sulla crisi di una relazione consolidata, sui risvolti di un rapporto tormentato, burrascoso o clandestino. La circostanza in genere mi lusinga, perchè da un lato la vivo come il riconoscimento e l’apprezzamento di una mia presunta capacità critica, se non addirittura di saggezza o di maturità sull’argomento. Dall’altro però sono il primo a sorprendermi, perchè, da egocentrico convinto quale sono, possiedo limitate doti di ascolto (e chi mi conosce bene me lo rinfaccia spesso), unite a un humour cinico e a una sottile perfidia, che nel tempo mi hanno fatto meritare, da parte della mia amica e psicologa di fiducia Valeria, il simpatico nomignolo di “Umanità”. Chiedereste un consiglio a uno con un soprannome così? Io no di certo, ma voi continuate pure a farlo, ovviamente a vostro rischio e pericolo. E’ anche vero che chi si rivolge a me lo fa sapendo della mia felice e duratura relazione sentimentale, ma come ripeto ogni volta, non ci sono ricette o segreti per sopravvivere a quasi 19 anni di storia come noi (lo so, il conto non tornerebbe con la mia età dichiarata di 29, fate finta di nulla). Ho avuto semplicemente culo: nonostante le nostre gigantesche differenze caratteriali, nonostante numerose manie e fobie (più mie che sue), nonostante gli effetti devastanti del tempo su entrambi (a pari merito) ho trovato chi mi ama e continua a farlo, e me lo tengo stretto. Il fattore “fortuna” non è però contemplato da una ricerca autorevole e serissima sull’argomento del dott. Brian Ogolsky (avessero mai un nome pronunciabile questi scienziati) uscita a Novembre sul Journal of Social and Personal Relationship (http://spr.sagepub.com/content/early/2012/11/20/0265407512463338.abstract) che stila una classifica delle 5 regole basilari per far funzionare un rapporto negli anni, comparsa ieri sul sito dell’AGI (www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201301111330-eco-rt10117 psicologia_ecco_le_5_regole_per_un_amore_duraturo). Una sorta di prontuario tascabile per la ricetta dell’ “amore eterno”, nel caso in cui ci fosse chi lo cerca o chi ci spera ancora, che eviterò di ripetere punto per punto per non trasformare questo post in un noiosissimo trattato sull’argomento. Mi soffermo però a sottolineare il fattore numero due preso in considerazione dallo studio, “la positività” intesa come ottimismo, divertimento e soprattutto ironia. Perchè, se avete il dono di possederla, è sempre preferibile coltivarla, non solo per far funzionare nel tempo la vostra storia, ma perchè non esiste antidoto più efficace agli sgambetti della vita.