Dalla Russia con amore

Al Bano & Romina Power – Felicita 1982 – YouTube.

“Non conoscevo ancora l’italiano” mi confidò, davanti all’ennesima birra, in un’appiccicosa serata estiva, Stefan, stravagante e festaiolo studente tedesco con la passione per l’arte medioevale, conosciuto sui banchi dell’Università “ma ricordo ancora tutte le parole. Mia madre la ascoltava sempre”. Fu esattamente allora che pensai per la prima volta quanto siano capricciosi, oscuri e spesso indipendenti dalla nostra volontà i meccanismi della memoria, quanto, col passare degli anni, si faccia sempre più fatica a tenere a mente quel che invece vorremmo portare avanti con noi nel corso della vita, mentre milioni di “files” del nostro cervello rimangono, con sfacciata indifferenza, beatamente occupati da tonnellate di immagini, suoni e ricordi assorbiti, senza il minimo sforzo, in un’età in cui ogni cosa sembra potersi imprimere per sempre nella testa. Nel mio caso, queste piacevoli zavorre hanno le sembianze delle poesie di Trilussa, della storia degli Assiri e dei Babilonesi, delle filastrocche di mia nonna, delle Barbie decapitate di mia sorella, della sigla dell’Uomo Tigre. Per Stefan lo era Felicità di Al Bano e Romina (video allegato). A lui, sinceramente, è andata un po’ peggio. Soprattutto perchè, per un ignaro e biondissimo bambino cresciuto in quel di Colonia, nulla lasciava presagire che la sua infanzia sarebbe stata poi turbata da rime come “tenersi per mano e andare lontano”, per di più scandite dalla voce fioca, dagli ancheggiamenti scomposti e dalle gonne gipsy – kitsch di Romina Power. Ma la ricordava a menadito sul serio, come il suo tentativo sguaiato di intonarne il ritornello, tempestivamente interrotto dal sottoscritto, mi dimostrò. In effetti, quello di cui parlava Stefan era il periodo in cui, numerosi cantanti nostrani, non sempre altrettanto apprezzati in patria, potevano vantare invece un exploit di vendite e di successo in diversi paesi stranieri, realizzando così un differente ritratto della musica italiana all’estero, rimasto in voga poi per decenni (provate ancora oggi a chiedere a un amico belga o austriaco quali artisti italiani conosca, e state pur certi che, oltre ai soliti Eros Ramazzotti, Laura Pausini e Tiziano Ferro salteranno fuori nomi come Ricchi e Poveri, Toto Cutugno, Pupo). E che in alcuni stati dall’economia in ascesa, di quelli investiti, nonostante la crisi arcinota, da uno schiaffo improvviso di ricchezza e benessere, continuano (inspiegabilmente?) a funzionare. Come la Russia. E non è infatti un caso, che soli pochi giorni fa, nelle strade di Mosca, abbiano fatto la loro singolare comparsa delle locandine che annunciavano, udite udite, una serie di concerti in programma alla Crocus City Hall, gigantesca arena cittadina, in cui si dovrebbe finalmente verificare la tanto attesa riconciliazione artistica della  celebre coppia Carrisi – Power (http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/bano-e-romina-ventanni-ancora-coppia-solo-cantare-933376.html). Nessuna conferma ufficiale, in realtà, è mai giunta dai due diretti interessati, indaffarati nelle ultime ore a glissare sull’argomento, ritrattare, smentire, ma sempre senza troppa convinzione. Staremo a vedere. Certo è che, dopo aver cantato per quasi trent’anni sul palcoscenico l’ideale di amore eterno (per poi confermarci che effettivamente non esiste), incarnato nella vita privata la famiglia pseudo-perfetta, arricchita da una cucciolata di figli dai nome esotici (inutile qui rinvangare la tragedia della scomparsa della primogenita Ylenia), inciampato in arrampicatrici da avanspettacolo desiderose di notorietà (leggi Loredana Lecciso), un assaggio di Felicità, anche solo motivato dai tanti quattrini russi che eventualmente giungerebbero, sarebbe un atto dovuto. Perfino come scuse ufficiali a chi, a quella storia della “telefonata non aspettata”, canticchiandola, c’ha veramente creduto. Pur, come Stefan, non capendone affatto il significato.

Non è stagione

Mina – E la chiamano estate – YouTube.

Lo ammetto, non aspetto altro tutto l’anno. Che le giornate finalmente si allunghino a dismisura, regalando al mio umore ballerino il beneficio di una luce solare estesa fino all’ora di cena, che la temperatura si alzi, così che possa liberare i miei piedi orrendi dalla costrizione di calzettoni e scarpe chiuse, che si faccia più concreta l’ipotesi di una vera vacanza, di quelle condite con tanto relax e soprattutto con tanto mare (perché da Giugno a Settembre non prendo in considerazione ipotesi alternative) ora che a dire il vero non ricordo neanche più l’ultima degna di tale nome che mi sono concesso in questa vita. Perché l’arrivo della bella stagione, per il blogger astrologicamente nato sotto la piena influenza del sole (segno zodiacale Leone, ma credo s’intuisca dal mio ego strabordante anche sul web) e cresciuto in una splendida meta di vacanza affacciata sul Tirreno, malinconicamente deserta d’inverno e troppo affollata in Agosto, risveglia d’improvviso milioni di piacevoli ricordi legati al periodo e carica di altrettante aspettative i mesi venturi. E’ sufficiente l’odore di una crema solare (buono come quello del Coppertone, con Jodie Foster bambina denudata dal cagnolino, però non ne ho più sentiti) o la freschezza di una brezza serale, come solo certi tramonti di Giugno sanno offrire, ed ecco che la mia mente ripesca da chissà dove le immagini della mia infanzia a scorazzare sulla sabbia, o inchiodato da ore su uno scoglio, all’epoca giudicato altissimo, con mio padre che aspetta inutilmente nell’acqua qualcosa che assomigli a un tuffo (mai stato un esempio di coraggio), della mia adolescenza trascorsa troppo in fretta sui motorini altrui, a tirar tardi con gli amici in piccole cale poco conosciute o difficilmente raggiungibili, tra l’ingombro di chitarre e zaini carichi di materassini e palloni. Per non parlare delle sere, meglio se all’aperto, a ballare incessantemente – perché adoro farlo, chi mi conosce sa quanto sia specializzato nell’aprire ovunque le danze o chiudere ad esempio i matrimoni a cui sono invitato con un tango con la mamma o la nonna della sposa – fino a che rimango solo in pista, sotto lo sguardo implorante del dee-jay che sembra chiedermi “bello, s’è fatto tardi, ma andarsene a casa?”. Poi però scatta il fatidico 21 Giugno, e com’è diventata ormai terribile consuetudine, gli impegni dell’età adulta e quei tre lavoretti che svolgo per mettere insieme uno stipendio mensile decente, m’inchiodano il primo week-end estivo in una città che ogni giorno detiene il record della più alta temperatura nazionale, che il venerdì alle 5 si svuota di facce italiche e si riempie di inchini giapponesi e infradito americane e che ti costringe a ricambiare le occhiate degli unici sfortunati rimasti con un’espressione di complicità che equivale a “mbeh, ce tocca!”. Anche il mio amore, professionalmente in possesso di qualche giorno di ferie in più di me, é partito per godersi un po’ di mare, pagando così lo scotto delle mie centinaia di telefonate e sms inutili del tipo “Che fai? Dove sei? Mi pensi?”, a cui temo finisca per rispondere prima o poi con un sonoro vaffa, mentre quei pochi premurosi amici ancora al lavoro si palleggiano la mia solitaria presenza e il mio muso lungo che non riescono a nascondere la voglia di essere altrove. Per farmi del male fino in fondo ho anche fatto l’errore di autoflagellarmi guardando su Facebook le foto dei miei contatti in costume, già abbronzati e naturalmente sorridenti sotto l’ombrellone, scegliendo come sottofondo il testo poco spensierato, per non dire struggente, della canzone che vi allego. Sgrunt. Ma sarà una bellissima estate. Tra poco. Ne sono convinto.

Baby chi?

Baby K – Non cambierò mai ft. Marracash – YouTube.

In questi ultimi due anni, musicalmente funestati da drammatiche perdite che ci hanno privato, in maniera trasversale, di artisti diversissimi per genere, pubblico e look (secondo un ordine bislacco che va da Whitney Houston per giungere fino a Little Tony), le cattive notizie nell’universo della canzone paiono non voler finire. No, questa volta non si tratta, per fortuna, di un lutto inaspettato, anche se la vicenda potrebbe proprio assumere i contorni di un addio definitivo: quello annunciato, senza troppi giri di parole, da Chiara Iezzi, cioè la Chiara del pop-family-duo Paola e Chiara (che avevamo imparato a distinguere a fatica, dopo anni, perché chiara lo è anche di capelli…fosse stato il contrario, un dramma!) sulla sua pagina Facebook soltanto qualche giorno fa (http://www.style.it/star/musica/2013/06/04/paola-e-chiara-addio-alla-musica.aspx#?refresh_ce). Ma, al di là dei durissimo j’accuse mediatico scagliato online dalla maggiore delle due sorelline della dance italiana (“dopo 17 anni di musica nessuno crede in noi” ha tuonato…chiediamoci perché, mi verrebbe da aggiungere), che poi “ine” non lo sono più neanche tanto, dato che hanno raggiunto, rispettivamente, la significativa età di 39 e 40 anni, il fine ultimo dello scioccante (si fa per dire) post, scopriamo subito dopo, è quello di lanciare la loro ultima fatica discografica, Giungla (“probabilmente l’ultima” continua nel suo sfogo Chiara) in uscita il prossimo 11 Giugno. Ma come, hai appena scritto che sei stufa di essere bistratta dalla critica e dalle major, di essere etichettata come una cantante di serie B dalla stampa e dal pubblico, e invece di reagire con un moto di orgoglio, di sdegno, di superiorità, che so, orchestrando un abbandono della scena in perfetto stile Greta Garbo, silenzioso e d’effetto, mi lanci un disco nuovo? Un po’ come quel grottesco ex-premier, che messo alle strette in un paio di interviste televisive, ripeteva come un mantra “Vuole che me ne vada? Me ne vado?” e poi rimaneva sempre lì, ben piantato al suo posto.

Certo, a giudicare dalle classifiche di iTunes, dove il singolo Divertiamoci, primo estratto dall’album Giungla, sta sfiorando ogni giorno di più la vetta, è stata la mossa migliore; con il rischio effettivo che il motivetto, di un’innegabile e fin troppo studiata orecchiabilità, la stessa a cui le due sorelle ci hanno abituato da tempo, finisca per diventare il prossimo, soffocante, tormentone estivo. A contendergli l’ambito primato però potrebbe essere il nuovo pezzo di un astro nascente della scena musicale nostrana, Non cambierò mai, che porta la firma di tale Baby K (video allegato), all’anagrafe Claudia Nauhm, trentenne italiana cresciuta tra Singapore e Londra, artista prodotta da un altro nostro divo d’esportazione come Tiziano Ferro (con il quale ha duettato nella hit Killer), salutata un po’ ovunque come una ventata di freschezza perché rapper, tutta frasi cattive e ribelli, e soprattutto donna (http://www.grazia.it/Stile-di-vita/musica/migliori-dischi-canzoni-2013-cosmo-bowie-daft-punk-timberlake). Ora, se è pur vero che in Italia il rap sembra comparso all’improvviso solo da quando esiste Moreno, l’ultimo vincitore di Amici della De Filippi, che possiede almeno il pregio di discostarsi dal filone ragazza graziosa, voce graffiante e testi da pubblicità di automobile (leggi Emma Marrone ed Alessandra Amoroso), santiddio, fossi La Pina, che va snocciolando testi in rima più che apprezzabili da almeno 15 anni (prima cioè della sua sfavillante carriera televisiva e radiofonica), a sentirmi dire che una “rapper al femminile” qui da noi è una novità, mi salirebbe la pressione alle stelle. Ma tant’è: perlomeno Baby K dimostra più senso dell’umorismo, avendo scelto appunto quel nomignolo, Baby, che si confà perfettamente alla sua altezza non proprio da valchiria. Al contrario delle sorelle Iezzi, che già nel titolo del loro primo album, Ci chiamano bambine, parevano lagnarsi per lo stesso motivo. Insomma, che fossero due tipe permalose, potevamo capirlo sin dal principio.

Il peso della musica

Pitbull – Feel This Moment feat. Christina Aguilera Live Billboard Music Awards 2013 – YouTube.

Come previsto, ha già cambiato idea. E pensare che c’aveva messo tutto l’impegno per convincerci che il suo nuovo corpo alla fine non le dispiaceva, che qualche chilo in più la faceva comunque sentire voluttuosa e femminile, che poteva tranquillamente continuare a brillare come una star della musica mondiale pur non riuscendo più ad entrare in quelle striminzite canottierine taglia XS degli esordi. Avevamo perfino solidarizzato con lei, pensando “brava Christina, infischiatene della cattiveria dei giudizi altrui, dei commenti perfidi che si scatenano sulla stampa e sui social network, ad ogni tua nuova apparizione, compressa in quegli abitini che adesso ti contengono a stento, dei paragoni maligni con Miss Piggy, la maialina dei Muppet, solo perché hai osato ribellarti, insieme al tuo fisico, all’ingiusto desiderio di discografici, giornalisti e pubblico che ti vorrebbero magrissima a tutti i costi”. Eravamo perfino disposti a perdonarle quel look sempre volutamente sopra le righe, il make – up esageratissimo, un’orgia di colori che sembra ogni volta seppellirle il viso, i capelli platinati all’inverosimile, spesso spruzzati qua e là di tinte accese, e poi i gioielli pacchiani e vistosi, troppi e troppo esibiti, al cui confronto anche Donatella Versace pare un esempio irraggiungibile di sobrietà. Mancava così poco per darle la nostra più completa approvazione, era davvero a un passo per ottenere il nostro appoggio incondizionato per aver finalmente dismesso i panni, improbabili e, a dirla tutta, neanche tanto necessari a una voce incantevole come la sua, di sex – symbol, femme fatale, pericolosa vamp, ed aver quasi voluto urlare al mondo con ostinazione, ”Ebbene sì, sono ingrassata, ma faccio la cantante, e questo non ha niente a che vedere con le dimensioni del mio culo”.

Macché, niente da fare. Christina Aguilera, l’ex ragazzina prodigio filiforme della musica pop a stelle e strisce, divenuta poi donna matura e un po’ meno filiforme, ma con, almeno pareva, ostentato orgoglio, ha annunciato invece la sua nuova battaglia contro i chili di troppo. Invadendo così, forse come incentivo a disfarsi della propria antiestetica ciccia accumulata, tutti i media possibili ad ogni suo, seppur lieve, miglioramento proclamato dalla bilancia, traguardo che la fanciulla desidera comunque voler condividere con l’intero pianeta. Dopo quindi essere ricomparsa, smagrita di qualche etto, la settimana scorsa a Las Vegas, sul palco del Billboard Music Award insieme al rapper Pitbull (video allegato) e a un’altra icona della musica internazionale anni ’80, che non vi voglio anticipare (ma che se avete compiuto i 29 da qualche tempo, come me, ricorderete benissimo), la biondissima Christina ha postato su Twitter una sua foto, tratta dal set del nuovo video, ancora in lavorazione, del brano Hoy tengo ganas de tì, in cui duetta con il cantante messicano Alejandro Fernandéz (http://www.nydailynews.com/entertainment/gossip/christina-aguilera-shares-sexy-pics-twitter-article-1.1346026). Uno scatto in cui, a ben guardare, sembrano sì quasi sparite del tutto quelle ingombranti tracce di adipe concentrate sulle braccia e sulle cosce che la nostra star mostrava fino a qualche mese fa, ma che, se vogliamo dirla tutta, è un’immagine presa dall’alto (espediente che notoriamente aiuta a snellire), molto in ombra (chissà come mai) con un indumento intimo contenitivo che ricorda più una guaina da televendita che non una mise sexy. Trucchi adatti forse a una teenager sfigata che vuol sembrare uno schianto a tutti costi sulla sua pagina online più che a una consumata stella della musica. Insomma, stavolta non ci incanti, cara Christina: ritenta, sarai più fortunata.

La zampata della Tortora

Gaia Tortora “mio padre era un’altra storia” – YouTube.

So già quello che state pensando. Adesso ricomincerà con le sue battutine sceme, non aspettava altro che potersela prendere nuovamente con lui, in fin dei conti, come tanti toscani, sarà di sicuro comunista (parola diventata il più grave insulto degli ultimi venti anni). E invece no: non lo chiamerò neanche in causa, evitando perfino di farne direttamente il nome. Perché, per quanto nella vicenda che ho intenzione di trattare in questo post, al nostro inossidabile e prezzemolino ex – premier, col vizio (tra gli altri) di paragonarsi ad altri (più importanti?) personaggi del passato, vada di diritto assegnato l’importante ruolo di antagonista, la scena se l’è meritatamente conquistata tutta lei, la protagonista, Gaia Tortora. I fatti, senza dubbio, li conoscerete già, perciò li riassumo velocemente: nel bel mezzo dell’ennesimo vortice di vicende giudiziarie che l’ha investito, sembra (e speriamo), con più efficacia delle altre volte, il Cavalier convinto ce l’abbiano tutti con lui, un po’ come Calimero (sarà un problema diffuso tra individui della stessa altezza?) e i suoi fedelissimi organizzano a Brescia uno dei comizi più contestati che la storia recenti ricordi. Dove, ed ecco il colpo di genio, S. B. (avevo promesso di non nominarlo) decide di concludere il suo intervento tra la folla citando quella celebre frase che secondo la tradizione Enzo Tortora rivolse ai propri magistrati: “Io sono innocente. Spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi”.

Adesso, per scomodare una delle vicende più infelici e tristemente note della giustizia italiana, quella di un noto presentatore della tv, all’apice del successo da anni, accusato da alcuni pentiti di rapporti con la camorra e per questo incarcerato senza motivo, come verrà finalmente chiarito solo tempo dopo, ci vuole fegato. Farlo per rimarcare la grottesca teoria del presunto accanimento dei giudici nei propri confronti e soprattutto per mascherare le proprie mille nefandezze, tra cui, probabili festini con minorenni, è di uno squallore impareggiabile. Ma, chi come me, si aspettava una replica dura e rabbiosa da parte dei familiari di Enzo Tortora, ha ricevuto invece una gradita lezione di stile, peraltro in diretta. Perché Gaia Tortora, mezzo busto del tg di La7, prima di essere un’ottima giornalista e, perché no, una gran bella signora (con l’unico, trascurabile, difetto, comune a molte donne meditarranee, di tingersi ostinatamente di biondo quando la natura avrebbe scelto un altro colore per i suoi capelli) è appunto la secondogenita del famoso conduttore ingiustamente arrestato (l’altra, Silvia, è invece la moglie dell’attore Philippe Leroy, così, tanto per fare un po’ di sano gossip). E la stessa Gaia, nel commentare pochi giorni fa il servizio tv in cui compariva l’infelice paragone dello pseudoperseguitato, non ha certo perso l’occasione per dar voce alla propria, compostissima, replica (video allegato). Senza insulti, senza urla, senza quei toni inutilmente focosi, appannaggio di noialtri esseri impulsivi e sanguigni quando ci fanno perdere le staffe. Ma con l’inarrivabile efficacia data dalla classe e dalla dignità di chi pretende, a ragione, il sacrosanto rispetto per una vicenda dolorosa e difficilmente rimarginabile, che sarebbe bene ricordare più spesso. Magari, caro S., non così a sproposito.