Bye bye Beauty

Bellezza che viene, bellezza che va. Dovremo farcene una ragione. Lo so, ormai era diventata una gradita abitudine, il dispiacere perciò sarà tanto, forse perfino insopportabile. Non rimane che sperare in un improvviso cambiamento di decisioni ai vertici Rai, o nel tentativo necessario di un accordo tra le parti, che al momento pare inesistente. E se ancora non vi è chiaro di cosa vada oggi blaterando, è perché probabilmente vi è sfuggita la notizia assai triste, di quelle che ti prende il nodo in gola e il magone allo stomaco per giorni, dell’incomprensibile e sempre più certa cancellazione di Miss Italia dai palinsesti della tv di Stato (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/14/miss-italia-non-andra-in-onda-costa-troppo-e-rende-poco/560571/). Ma come, dopo 25 anni in cui il deprimente arrivo dell’autunno viene, guarda caso, scandito dalla messa in onda dello show che incorona la più bella del bel Paese, colei che avrà la fortuna, per un anno, di dover indossare, ovunque vada, una fascia che non ne vuol sapere di star su su una spalla, e soprattutto di veder finalmente concretizzata l’opportunità di una fulgida carriera nello spettacolo, a pubblicizzare, per secoli, l’acqua che fa fare tanta “plin plin”, e ce lo togliete così, senza preavviso, senza una spiegazione plausibile? Non tanto per noi, che forse, a malincuore, riusciremo però a rimpiazzare con l’ennesimo film di Bud Spencer su rete 4 la visione di adolescenti ambiziose che sfilano in costumi degni di una vecchia zia, con un numero di riconoscimento ben appuntato sul cuore (chissà se arrivano a strapparsi i capelli per evitare il 17?), tutte, a loro dire, ragazze semplici, con dei veri valori, speranzose nella pace nel mondo e in un futuro da supermamma/scienziato/mito del cinema (tra 30 anni mi vedo con 6 figli/laureata in fisica subnucleare/come Sofia Loren). Quanto per Patrizia Mirigliani, figlia del patron del concorso, che ha ereditato dal papà questa bella gatta da pelare spacciata per bene nazionale, che compare in tv solo una volta l’anno con quel faccino puntuto, sempre attenta a tenersi a distanza dalle Miss più alte di lei di almeno mezzo metro, e che immaginiamo già costretta in futuro a riciclarsi in qualche reality, magari rotolandosi nel fango, in una sperduta isola caraibica, con altri volti noti dello schermo tipo Maria Teresa Ruta o la gallina della spot di Banderas. Non sarebbe giusto. Per rispetto soprattutto a quell’attesissimo e gustoso momento di televisione, quando, tra le due ultime finaliste, avvinghiate tra loro come liane agli arbusti, con l’aria di chi è appena reduce da una battaglia sanguinosa, ma con il sorriso, ormai stanco, sempre ben indirizzato alla telecamera, viene finalmente decretata la vincitrice, che non è mai la tua preferita. Quando non fai in tempo a vederle spuntare quelle due mezze lacrime di circostanza dagli occhi, che, ecco, te la ritrovi schiacciata dall’ondata violenta e scomposta delle altre partecipanti al concorso, tutte asserragliate alle sue spalle, da una buona mezz’ora, come ai blocchi di partenza, e ti sembra quasi che sognassero anche loro quel momento, ma per un’altra ragione, cioè il desiderio di poterla brutalmente urtare e investire. Volete davvero lasciarci orfani di questo, ormai abituale, spassoso siparietto? Come faremo senza? Perchè, al confronto, per quanto talvolta altrettanto morbosamente trash, non c’è alcun reality che tenga. E neppure gag di Bud Spencer.

Carràmba, che proposta

The Voice of Italy – Raffaella Carrà – Promo – YouTube.

Me ne sto convincendo ogni giorno di più, è la soluzione ideale. Primo per dimostrare che i tempi, in questa Italietta smaniosa di voltare pagina ma poi da sempre immobile alle prime due parole della prefazione, sarebbero maturi perché fosse finalmente una donna a rivestire un ruolo istituzionale decisivo senza il rischio di essere annoverata tra le presunte “troie in parlamento” (concedetemi la leggerezza di questa licenza poetica tratta dal maestro Franco Battiato). Secondo, perché se è pur vero che in teoria possa aspirare alla carica di Presidente della Repubblica qualsiasi cittadino (e quindi cittadina) italiano che abbia compiuto i 50 anni di età, compito principale del capo dello Stato rimane innanzitutto quello di rappresentare l’unità nazionale, come stabilito dalla nostra Costituzione. E chi meglio di lei, alla soglia delle 70 candeline che spegnerà il prossimo 18 Giugno, con l’energia da far invidia a una ventenne, le mani spesso ben ancorate sui fianchi e la testa dal mitico caschetto platinato a roteare nell’aria, è in grado di incarnare quanto di buono e salvabile rimane in questa nazione che fa acqua da tutte le parti (e non perchè ne sia circondata su tre lati, come ci insegna la geografia)? Io già me lo immagino, il nostro prossimo Presidente della Repubblica, il dodicesimo per la precisione, Raffaella Carrà; magari non proprio inguainata in quei completini di pelle nera e swarovski, firmati dal suo leggendario costumista Luca Sabatelli, che le vediamo sfoggiare nello strepitoso successo televisivo The Voice of Italy (video allegato) e che comunque le donano più dei pantaloni strizza-gioielli nello stesso tessuto esibiti in trasmissione da Piero Pelù (la rima non è voluta).

Sarebbe un atto dovuto: dopo averla ricordata per decenni come la Raffa nazionale o la più amata dagli italiani, dopo aver assistito al tripudio di bandiere tricolori che sventolavano in tutto il mondo negli stadi stracolmi di folla scatenata al ritmo di Fiesta o Rumore, al cui confronto anche le uscite pubbliche del Papa sembrano una misera sagra paesana, la sua nomina è più che meritata. Giurerei che potrebbe perfino riuscire a coinvolgere Angela Merkel in un sensuale Tuca Tuca o almeno insegnarle la giusta disinvoltura davanti a un pubblico quando ci si azzarda a vestirsi di verde smeraldo o turchese. Anche Obama avrebbe finalmente un politico italiano con cui conversare in un inglese corretto, magari ridendo di qualche aneddoto su Frank Sinatra o su Sofia Loren. Di sicuro Beppe Grillo salirebbe più spesso e più volentieri al Quirinale, se ad attenderlo ci fosse lei, la sua imitatissima e fragorosa risata, i suoi abiti luccicanti, dalle spalline esagerate, che si abbinerebbero a meraviglia con la divisa dei corazzieri. Per non parlare poi di quanto gioverebbe all’immagine dell’Italia se l’inno di Mameli, così tradizionalmente austero, per non dire musicalmente noioso, fosse sostituito da un più allegro e contagioso Felicità – ta – ta. Forse ad esprimersi in maniera contraria al riguardo sarebbero gli italiani che risiedono da Trieste in su, i soli a covare odio da tempo verso il nostro potenziale neo – presidente perché nettamente esclusi in Tanti auguri dall’elenco di amanti memorabili da lei stilato. Ma basterebbe ricordare tutto il bene fatto da Raffa negli anni, il ritrovamento dei parenti lontani in Argentina, e poi le vincite milionarie, le telefonate a suon di quiz sui fagioli, e ancora i balletti e le canzoni che hanno segnato la loro come la nostra vita, e si dimenticherebbero di quella piccola svista. Allora, vi ho convinti? E’ plebiscito?

Suzy e gli altri

Peppa Pig – Meet the characters – YouTube.

A parte una breve e infelice parentesi come insegnante di italiano in una scuola per stranieri, conclusasi con la fallimentare constatazione di non essere riuscito neanche a far pronunciare correttamente la parola “grazie” ai miei studenti, che ripetevano priva della “e” finale, mandandomi su tutte le furie, pochi mesi dopo la laurea ottenni il mio primo lavoro, o qualcosa del genere: operatore didattico nei musei. Il che significava avere a che fare, più che con quadri e sculture, con il disinteresse o la curiosità di intere classi scolastiche, con le domande ingenue o volutamente ingannevoli di ragazzi, ma soprattutto di bambini, spesso piccoli, più spesso piccolissimi. E’ stata dura: perché se sei poco abituato, come lo ero io, all’immediatezza, all’imprevedibilità e alla disarmante confidenza di comportamenti e di reazioni di cui sono capaci quegli esserini alti mezzo metro, è finita. Hanno la meglio su di te in quattro minuti scarsi. Il tempo di capire che per conquistarti basta il minimo gesto tenero, come prenderti d’un tratto la mano, quando non addirittura tentare di salirti in braccio o sulle spalle, anche se non ti hanno mai visto prima in vita loro, ed è subito disfatta. Non sei più il tizio del museo da ascoltare con interesse e forse rispetto, ma un altro compagno da coinvolgere in un nuovo gioco, meglio se molto vivace. Una lezione che avevo imparato bene, insieme a quella di non farmi cogliere impreparato dalle riflessioni suscitate dalla mia calvizie (“mio papà ha più capelli di te, perchè lui sopra le orecchie ce li ha”) o dai miei gioielli (“perché hai tanti orecchini e tanti anelli? e la tua fidanzata/moglie/mamma che dice?”), e di riuscire a dribblare la loro continua e frivola richiesta di attenzioni (io c’ho le scarpe nuove/le figurine dell’Uomo Ragno/lo smalto coi brillantini).

Lezione dimenticata: con Giulia, la mia nipotina di due anni dal visino angelico che cozza invece con un carattere peperino e ostinato, vesto i più classici panni dello zio – zerbino. Quello che nelle ore di babysitteraggio, motivate da un eccesso di fiducia, incoscienza o impegni di mia sorella, si annichilisce recitando trenta volte di seguito la fiaba della principessa Sofia e il rospo, giocando all’aereoplanino col cibo che non riuscirò mai a farle mangiare o alla transumanza di peluche da un divano all’altro, oppure ballando insieme a perdifiato i pezzi di Beyoncé che le ho insegnato con orgoglio. Ciò che avevo ugualmente dimenticato, e che Giulia mi ha rinfrescato, è quella magnifica assenza di pregiudizi e quella vocazione alla tolleranza, tipica dell’infanzia, oggigiorno perfettamente compresa dai programmi tv per bambini. Infatti, anche se molti studi recenti sottolineano, forse a ragione,  i potenziali danni che il trascorrere troppo tempo davanti allo schermo potrebbe causare loro negli anni (http://www.ansa.it/web/notizie/specializzati/saluteebenessere/2013/03/25/Troppa-tv-5-anni-Rischio-piu-aggressivita-7_8456231.html  http://adc.bmj.com/), sono portato a pensare che i personaggi dei cartoni per bambini siano però diventati l’incarnazione della loro piena, disinvolta e naturalissima apertura mentale. Giulia ad esempio, ho scoperto l’altro giorno, impazzisce per Suzy, che poi è una pecora, che è la migliore amica di Peppa, che poi è un maiale (video allegato) e chissenefrega se i due animali tra loro sono così diversi e nella realtà forse non s’incontreranno mai, se non a fette nel bancone della macelleria. Sono e rimarranno amiche per la pelle. Così come non desta loro sorpresa o scandalo se Barbapapà è un fagiolone rosa e Barbamamma un maxi-birillo nero, se spesso nei loro programmi gatti, tartarughe, gabbiani, vanno a scuola, giocano, vivono insieme. Non esistono differenze di forme, specie, razze: tutti possono stringere relazioni, amicizie, formare famiglie, con tutti, senza, distinzioni di alcun tipo. Questo succede nella tv per i bambini: e se avesse infine qualcosa da insegnarci?

Be happy!

Abba – Dancing Queen – YouTube.

Niente musi lunghi oggi, dobbiamo festeggiare. Non solo l’inizio della primavera, arrivata quest’anno in anticipo, proprio come cantava Laura Pausini in una suo celebre brano (perché, non lo conoscete?), parentesi che già dovrebbe darvi un’idea di quanto mi rincretinisca del tutto l’avvento della bella stagione. Inutile ripeterlo: il mio umore e le mie energie, messi a dura prova dalla brevità delle giornate e dalle rigide temperature invernali, mi portano ogni anno a contare ad una ad una le ore che mi separano dall’equinozio di primavera, (cioè il passaggio del Sole dall’emisfero australe a quello boreale…o forse il contrario?) avvenuto precisamente oggi alle 11.02. Un’ora che purtroppo si addice poco all’eventualità di un brindisi, altrimenti, credetemi, l’avrei degnamente celebrata con la bottiglia riservata alle grandi occasioni. Ma torniamo a noi: è primavera (basta, non lo sottolineo più, promesso) ma non solo. Come riportato da numerosi quotidiani odierni (http://www.lastampa.it/2013/03/20/societa/oggi-tutto-il-pianeta-prova-a-essere-felice-qcasGdm2F3zss3BeTy2zWN/pagina.html) l’ONU ha infatti stabilito nello scorso Luglio che proprio oggi, 20 Marzo 2013, forse per colmare quel vuoto esistente tra la festa del papà e il tradizionale avvio della nuova stagione, cadesse per la prima volta la Giornata Internazionale della Felicità. Dove per felicità non s’intende quel sentimento astratto e forse irraggiungibile che ciascuno persegue nella propria esistenza, con risultati più o meno soddisfacenti, ma un valore reale, oggettivo, peraltro stimabile con esattezza sulla base di precisi parametri, come la crescita economica, il progresso sociale e l’attenzione per l’ambiente, ovviamente variabili da Stato a Stato. Va da sè che nelle nazioni di area scandinava, come Norvegia e Finlandia, da sempre più sensibili a certe problematiche e più all’avanguardia in numerosi campi, l’indice di felicità sia potenzialmente maggiore che in altri paesi situati più a sud nel mondo. Eppure, discutendo con la mia amica svedese Kicki, la stessa che dal mio accento (da migliorare) nel parlare inglese e dal mio aspetto pensava fossi brasiliano e che si stupiva quando le nostre amiche di area mediterranea sollevavano problemi a lei sconosciuti, come la peluria scura sulla braccia, ho scoperto che anche lassù hanno i loro bei grattacapi. Ad esempio l’alto tasso di alcolismo diffuso soprattutto tra i giovani, pare in parte dovuto alla scarsità della luce solare durante l’anno (ragione che mi ha sempre scoraggiato dall’andarla a trovare) che aggrava di gran lunga l’intensità di alcuni stadi depressivi. Oppure il gran numero di incidenti stradali causati dalle alci, i bestioni tipici delle loro foreste, che, per quanto abituati a considerare animali innocui e simpatici per via dei peluche in vendita all’Ikea, sono in realtà dei colossi grandi due volte un cavallo di stazza media, con il vizio di zompare all’improvviso sul cofano delle auto perché attratti dai fari. Più interessante è semmai notare (ma non credo che l’ONU lo includerebbe mai tra gli indici di misurazione della felicità di un paese) che proprio in questi giorni, in Svezia, a Stoccolma, si stiano completando i lavori per l’inaugurazione, prevista per il prossimo 7 Maggio, del singolare museo interamente dedicato all’attività e alla storia degli  ABBA, (http://espresso.repubblica.it/style_design/lista/fotogallerie/32604291?ref=HRSN-1 http://www.abbathemuseum.com/) il gruppo che con i suoi successi come Mamma mia, Dancing Queen (video allegato) ha segnato come nessun altro la musica disco anni ’70 – ’80. Tra l’altro, online, è già possibile prenotare i biglietti per l’ingresso nell’edificio appena ultimato, al cui interno è prevista anche la ricostruzione fedele della loro storica sala d’incisione, con tanto di costumi originali, con zampa d’elefante e lustrini, da indossare. Notizia che, immagino, in questa giornata, vi renda ancor più felici.

Un altro 8 Marzo

Tra i quasi 300 contatti che ho attualmente sul mio profilo Facebook, Monica è l’unica che non conosco ancora di persona. A suggerirmela è stata Francesca, riccioli neri indomabili e temperamento artistico che rallegrano le sale della Galleria del Costume di Palazzo Pitti, con cui collaboro da anni. “Pubblicate la stessa musica” mi disse “vi piacerete”. Aveva ragione: al di là della comune e comprensibile passione per Mina, scopro una donna di rara intelligenza, sensibilità, umorismo. Per chi crede nel destino come me, un incontro fortunato, seppure virtuale, non è mai frutto del caso. Ieri l’ennesima conferma: io che giro in rete all’affannosa ricerca dell’argomento giusto per il post dell’8 Marzo, evitando come la peste le solite romanzine sulla degenerazione di una festa spesso ridotta alle chiappe depilate di uno spogliarellista, lei che pubblica sulla sua pagina un invito a contattarla per chi è a corto di argomenti sulla giornata. Perfetto, mi dico, e mi faccio avanti con un messaggio. Vengo così a conoscenza che Monica, insieme ad altri genitori di bambini nati prematuramente, ha fondato a Firenze nel 1996 un’associazione chiamata Piccino Picciò (www.piccinopiccio.it - info@piccinopiccio.it) che opera nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale di Careggi, San Giovanni di Dio, Meyer e di Prato, che fa parte del Coordinamento Italiano delle Associazioni per la Neonatologia “Vivere Onlus” (www.vivereonlus.com) con sede a Modena, e che aderisce inoltre a EFCNI – The European Foundation for the Care of Newborn Infant  (www.efcni.org) con sede a  Monaco. L’associazione è attualmente impegnata nel tentativo di apportare delle necessarie modifiche alla Legge sui congedi parentali, datata appunto 8 Marzo 2000. Ed è qui che il blogger si fa da parte per lasciare spazio all’efficacia delle parole di Monica, convinto di stimolare una vostra riflessione al riguardo:

“Sono già passati ben 13 anni da quando la Legge n. 53 dell’8 Marzo 2000 che regola i congedi parentali, si adeguava alle esigenze di chi partoriva prematuramente. Venivano riconosciuti anche i due mesi pre-parto, che fino ad allora andavano perduti, che si sommavano ai 3 post partum. Ma la neonatologia, scienza in continua evoluzione, ha ulteriormente abbassato la soglia dell’età gestazionale e quindi, ad oggi, la legge deve essere rivista ed aggiornata. E’ un po’ di tempo che le associazioni dei genitori ci provano, per il momento con scarsi risultati. Eppure, provate a pensare quanto sia fondamentale la presenza della mamma vicino al suo bambino che sta vivendo una difficoltà così grande. Noi che siamo i possessori del brevetto della “mamma italiana” siamo, con la Spagna, fra gli ultimi in Europa per quanto riguarda la presenza dei genitori nei reparti di cure intensive. Fortunatamente, grazie all’impegno degli operatori, dal 3 Marzo anche alla Maternità di Careggi il reparto è aperto 24 ore su 24, ma non è così in tutta Italia. Molto spesso i 5 mesi di astensione dal lavoro finiscono prima che il bambino sia stato dimesso, per questo è importante adeguare la Legge. Anche perché se porti a casa un bambino di nemmeno 2 Kg, che ha bisogno di numerosi controlli ed esami, è chiaro la necessità di avere la mamma che se ne occupa. E le nostre mamme, che hanno vissuto un trauma così forte, uno strappo improvviso, hanno bisogno di tornare alla normalità. Il tempo del ricovero è un tempo sospeso. Anche solo recuperare lo spazio del rapporto di coppia risulta difficile. Truccarsi, ascoltare musica, leggere un libro. Sentirsi donna di nuovo. Pensare al futuro, programmare, è una fatica immensa. Le mamme troppo presto, le mamme con un figlio nel palmo della mano, spero possano presto veder riconosciuto questo loro diritto. Allora sarà davvero festa”.